Puntata 37 – La Grecia continentale

Se c’è uno Stato che nella sua interezza, ad oggi, al di fuori dall’Italia ha totalmente rubato il mio cuore è la Grecia.

Tra i miei venti e trent’anni, nell’arco di diverse estati, ho girato in lungo e in largo, con macchina, motorini, quad e traghetti il territorio ellenico.

Soprattutto la parte continentale della Grecia ha saputo catturarmi come pochi altri posti che ho potuto visitare. Quella parte di Grecia meno turistica in molte sue zone, rispetto alle più celebri isole, capace però di conquistarti con la gentilezza delle persone che la abitano e si incontrano, con gli autentici sapori dei suoi piatti e con i profumi della sua terra; e, ovviamente, con la sua arte, la sua storia e la sua natura piena di colori, spesso anche brulla e selvaggia, che è in grado di riportarti indietro nel tempo e farti comprendere le sue fastose origini.

Per questo, prima di una pausa che mi prenderò per alcuni mesi, per portare a termine un altro mio progetto che da troppo tempo è in attesa di conclusione (e di cui magari un giorno vi parlerò) volevo regalarvi una puntata per celebrare almeno alcuni di questi luoghi che sono rimasti da sempre fissi nei miei pensieri. E che credo che ognuno almeno una volta nella vita dovrebbe assolutamente vedere.

Non basterebbero neanche cinque puntate per raccontarvi tutto ciò che ho visto e apprezzato, quindi questo è solo un succoso antipasto per darvi, magari qualche idea in vista dell’estate.

Perciò, rubando un termine greco, vi porto in un mio personale periplo tra alcuni dei luoghi che più adoro della Grecia continentale.

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Partiamo da alcuni punti fondamentali: quasi sempre mi è capitato di partire in auto, raggiungere il porto di Ancona e con il traghetto, dopo una notte inserito nel mio sacco a pelo sul ponte della nave sperando di aver trovato un punto abbastanza riparato dal vento, scendere fresco e riposatissimo a Patrasso, o a volte anche più su, a Igoumenitsa.

 

Ma, partendo da Patrasso, direi di iniziare a citare alcuni luoghi del possente Peloponneso.

Intanto, pronti via, per gli amanti dell’archeologia partiamo con il botto, con l’antica Micene e Olimpia.

Se soffrite sole e caldo, nel caso andaste a visitarle in estate vi anticipo di prepararvi psicologicamente alla quasi totale mancanza di zone d’ombra nei due siti archeologici. Soprattutto a Micene, dove l’unico modo è cercare riparo all’intero della famosa e maestosa tomba circolare chiamata Tesoro di Atreo.

Micene mi ha sempre affascinato perché, camminando tre le sue rovine dopo aver superato la monumentale Porta dei Leoni e visitando le sue tombe, trovavo facile e immediato sentirmi immerso nel suo contesto storico e immaginare come doveva essere questa potente polis greca che dominava nel Mediterraneo più di 3000 anni fa.

Dopotutto, è qua che Heinrich Schliemann tra le sue grandi scoperte ha trovato la celebre maschera d’oro da lui attribuita ad Agamennone, il re greco a comando dell’armata ellenica nella guerra di Troia. Tralasciando la mitologia però, le vere opere d’arte sono le strutture dei circoli A e B dove si sviluppano due importanti complessi funerari che, insieme al resto del sito archeologico, fanno comprendere in parte come la dimensione e la vastità della città all’apice della potenza micenea.

Per quanto riguarda Olimpia, invece, il suo fascino va principalmente ricercato nel ricordo di ciò che era e che ancora oggi rappresenta anche a livello sportivo, immaginado come dove presentarsi quando tutti i resti che ora potete vedere si ergevano potenti e maestosi per ospitare i più famosi giochi sportivi del mondo conosciuto. Però sarei un bugiardo se non dicessi che un po’ di fantasia è necessaria per mettere ben a fuoco come doveva essere, basandosi solo su ciò che rimane ora visibile.

Tornando verso il lato orientale del Peloponneso una breve menzione la merita anche il castello di Larissa, solenne fortificazione medievale sviluppatasi sull’antica acropoli della città di Argo da cui è possibile ammirare un magnifico panorama che si apre verso il Golfo dell’Argolide e guarda verso Nauplia, una delle località marittime della zona più amate dai greci, e non solo. Sinceramente la consiglio per utilizzarla come base per gli spostamenti nel nord del Peloponneso, per la sua atmosfera serena e rilassata. Se riuscite, cercatevi un posto dove dormire che si affacci sulla piccola isoletta di Bourtzi, simbolo della città a poca distanza dalla costa.

Mi dava pace e tranquillità, quando arrivava la sera, osservarla illuminata dalle luci che le donavano un colore rossastro.

Ah, ricordatevi sempre, quando vi muovete su due o quattro ruote per le tortuose strade del cuore della Grecia continentale, di mettere nei vostri tempi di percorrenza una voce legata agli imprevisti.

Questi imprevisti si chiamano il più delle volte capre o pecore in mezzo alla strada; a volte mucche o teneri cagnetti randagi spesso in cerca di cibo e coccole. Le capre soprattutto fanno spesso come gli pare, se non han voglia di spostarsi non si spostano. E sono tremendamente curiose. Più volte mi è capitato di avere la macchina circondata da gruppi di questi buffi animali solo perché magari dal finestrino ne accarezzavo una e tutte venivano a cercare lo stesso trattamento.

Torniamo però ai luoghi: il vero gioiello del Peloponneso per me si trova nella parte più distante e meno conosciuta della penisola:

Monemvasia, in Laconia.

Piccolo borgo di origine medievale arroccato su un promontorio legato al continente solo da un sottile lembo di terra, può essere visitato solo a piedi, permettendo di godere di ritmi lenti e unici che sembrano quasi senza tempo. Piccoli negozi e abitazioni costruite su strutture in pietra e attraversate da ciottolose stradine dove fiori sbucano da ogni angolo rendono questo luogo estremamente rilassante.

Lo trovo uno dei luoghi più affascinati e meditativi che ho visto in Grecia.

Ma non è l’unico.

Ad esempio, conoscete la Penisola del Pelio?

Ecco, se volete stare in proprio in pace, con un mare limpido e la natura selvaggia dirigetevi lì, piazzatevi in uno dei suoi camping o in una delle tipiche casette o stanze solitamente date in affitto ai turisti (cartelli con scritto studios o domatia li vedrete un po’ ovunque) in uno dei piccoli paesi della zona e rilassatevi. Se poi un giorno vorrete cercare un po’ di vita prendete un traghetto e raggiugete Skiatos e Skopelos, le isole diventate famose anche grazie al film Mamma mia. Io le avevo visitate quando ancora i turisti stavano iniziando a scoprirle, ora so che sono diventate mete sempre più ambite. Ma appunto, per fortuna per stare tranquilli c’è sempre il Pelio.

Salendo ancora più su, rispetto alla penisola del Pelio si raggiunge un’altra Penisola nota della Grecia, tra tutte la mia preferita nella sua interezza.

La Penisola Calcidica.

Se si vuole visitare solo questa zona della Grecia la cosa più comoda è arrivare con un volo a Salonicco, ovviamente fermarsi a vedere la città e in seguito prendere una macchina per scoprire le tre dita della penisola e poi, tornando indietro, allungare un po’ oltre Salonicco e visitare i territori che facevano parte dell’antico regno macedone di Alessandro Magno.

Ecco, il mio amore per questa zona nasce anche dalla passione che ho per la figura storica del re macedone, che viene celebrato ancora oggi dal suo popolo con una statua commemorativa che svetta potente sul lungomare di Salonicco.

Thessaloniki, Tessalonica, Salonicco… chiamatela come preferite ma sappiate che in quella che è la seconda citta della Grecia dopo Atene si respira un’aria di fierezza e orgoglio per le proprie origini che poche volte ho avvertito così forte nelle città da me visitate.

Vivace e affascinate, è il capoluogo della periferia greca della macedonia centrale, che in parte ricalca gli antichi confini della macedonia ellenista e non è da confondere con l’attuale stato della Macedonia.

Conquistata e resa grande dai romani, come attestano i resti del palazzo e dell’arco di Galerio, i suoi successivi monumenti paleocristiani e bizantini (come ad esempio la Basilica di Santa Sofia e la chiesa dei Santi Apostoli) sono stati dichiarati patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

Ma è fuori da Salonicco, muovendosi tra campagne aride e quasi sperdute da un lato o coste con mare limpido e natura rigogliosa dall’altro, che si possono trovare le vere gemme di questo territorio.

Le tre dita della Penisola Calcidica, cioè Kassandra, Sithonia e la terza dove svetta il monte Athos sono le mete perfette per chi vuole perdersi tra piccoli paesini, tanta natura e spiagge dal mare incontaminato. Dall’altra i territori dell’antico regno macedone fanno fare uno straordinario salto nel passato.

Per quanto riguarda la Calcidica, sinceramente ho sempre preferito Sithonia, meno turistica rispetto a Kassandra e, se possibile, ancor più autentica. Con anche una maggior presenza di spiagge e molta più natura.

Il terzo dito, dove si trova il monte Athos non è battuto molto dal turismo perché sul monte è presente un antico monastero inserito all’interno di una repubblica monastica con leggi e regole proprie.

È visitabile, ma solo su richiesta specifica fatta con largo anticipo e pernottando una notte all’interno del monastero. E, soprattutto, solo se si è uomini, perché per i monaci le donne sono considerate impure e devono restare almeno a 500 metri dal monastero. Infatti anche le crociere che fanno fare la visita dal mare devono mantenersi sempre a quella distanza dalla costa …

Ecco, non si può dire che questi monaci siano esattamente le persone più ospitali e socievoli del mondo. E di gran vedute.

Ma, sinceramente, il Monte Athos potete anche evitarlo.

Vi rilassate appunto sul mare di Sitonhia (la zona intorno a Nikiti è un paradiso) per poi, come detto prima, addentrarvi più nell’entroterra oltre Salonicco, dove a circa un’ora dalla città potrete trovare una delle più stupefacenti scoperte archeologiche di sempre.

Davvero, non scherzo a dirvi così. Per farvi capire ciò che ho visto lì è nella top tre dei siti archeologici più emozionanti dove mi sono ad oggi addentrato, insieme a Petra e al Colosseo.

Sto parlando del museo che è stato creato apposta nel punto in cui, in un’arida zona dell’antica macedonia, lì dove un tempo sorgeva Ege, furono trovate delle tombe reali macedoni, e una di queste è stata attribuita, grazie a ciò che è stato trovato al suo interno, a Filippo II di Macedonia, il padre di Alessandro Magno.

Ege è l’antico nome della città di Verghina, attuale sede del museo.

C’ero andato con amici, che mi ricordo ancora, a distanza di anni, che nutrivano dubbi su questa meta che con insistenza avevo inserito nel nostro itinerario.

Dubbi che avevo visto dissiparsi nei loro occhi all’istante, una volta varcato l’ingresso del museo ed esserci addentrati nella sua luce soffusa.

Purtroppo non avevo potuto far foto al suo interno (ora forse sono più permissivi, perché ho visto dai social che alcuni turisti che hanno visitato il museo qualche foto la postano), però proverò a parole a farvi capire quanto magnifico è quello che viene custodito al suo interno.

Le due tombe principali e più importanti (quella attribuita a Filippo II e quella definita di “Persefone”) sono raggiungibili grazie a scalinate che con il loro pavimento illuminato vi accompagnano al cospetto delle enormi facciate dei loro ingressi dove sono ancora in parte presenti gli affreschi che le decoravano, e questi ingressi basterebbero per lasciarvi a bocca aperta.

Una lastra in plexiglas protegge l’ingresso della Tomba di Filippo II e non è possibile andare con gli occhi oltre a quella straordinaria vista.

L’ingresso risulta chiuso perché l’entrata all’interno della tomba, durante gli scavi del 1977 che avevano permesso di scoprirla, era avvenuta da un’apertura dei muri laterali ed erano stati riportati alla luce corredi funebri ancora intatti, composti da oggetti dalla fattura estremamente elevata.

Infatti, girando tra le teche che conservano ciò che fu trovato in quella e nelle altre tombe (oltre alle due citate le altre due presenti sono quella probabilmente attribuita ad Alessandro IV, figlio di Alessandro Magno ucciso in giovane età e una quarta senza attribuzione) resterete letteralmente senza parole: oro, oro ovunque. Una ghirlanda con foglie di quercia d’orate e un’urna anch’essa d’oro con rappresentato il sole di Verghina a 16 punte sono di una bellezza indescrivibile. Così come un’altra corona in foglie di mirto d’oro e il corredo militare, anch’esso con parti in oro (impressionante è soprattutto la fattura della faretra), tutto finemente decorato; raramente ho visto reperti così pregevoli e ben conservati in altri musei.

Tralasciando l’unicità di ciò che si può ammirare, io quello che mi ricordo, pensandoci ancora oggi, era la sensazione di rispetto e reverenza che si respirava al cospetto di questi reperti e queste tombe.

Ho ancora il cuore che batte forte, riportando alla mente quel luogo.

Filippo II non era stato sicuramente il re migliore che la storia possa ricordare. Ma doveva essere un uomo estremamente fiero. E in questo luogo si respira tutta questa fierezza.

Spero di tornare presto a rivedere il museo.

Dulcis in fundo, non posso chiudere questo mio rapidissimo itinerario su alcune mete per me fondamentali della Grecia continentale senza citare rapidamente le Meteore, che forse meriterebbero quasi una puntata a sé!

Infatti, scendendo dagli antichi territori macedoni e giungendo nella leggendaria Tessaglia, dove svetta anche il celebre Monte Olimpo, troverete queste enormi colonne di roccia il cui nome in greco vuol proprio dire “in mezzo all’aria” sulle cime delle quali intorno al XIV secolo iniziarono con estrema fatica ad essere edificati dei complessi monastici (dei 24 realizzati 6 sono ancora abitati) che regalano a quell’area un panorama unico in tutto il mondo, così unico da essere diventato patrimonio Unesco nel 1988.

In un paio ero entrato a visitarli, anche se la vera spettacolarità sta tutta nell’osservarli da qualche decina di metri di distanza, a svettare come se davvero fossero appoggiati sull’aria.

Non potete perderveli.

Così come non potete perdervi tutto ciò di cui vi ho parlato, e anche moltissimo altro presente in questo Stato così ricco di storia e cultura, dove si respira l’amore che i suoi abitanti hanno per i loro territori e le loro tradizioni tramandate di generazione in generazione.

A volte la Grecia, che si parli della parte continentale o delle isole, viene un po’ banalizzata. Ridotta a meta bella, comoda e mediamente economica per passarci l’estate.

Ma, se deciderete di lasciare che vi parli e vi racconti tutto il suo passato, e anche il suo presente, non potrete fare altro che lasciarci il cuore.


Concludo questa puntata e, come anticipato, mi prendo una pausa un po’ più lunga del solito perché c’è un altro mio progetto che da troppo tempo è rimasto in stand by (e che in parte centra con questa puntata) che deve vedere la sua giusta fine.

Quindi vi chiedo di attendermi con nuove puntate e magari, se vorrete, intanto potrete recuperare le precedenti, se ve ne sarà sfuggita qualcuna.

Ci risentiamo a settembre, con le nuove puntate di Taste of Art.

Grazie, davvero tanto, per l’ascolto. E a presto.

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