Ci siamo salutati nella puntata precedente nel momento in cui eravamo finalmente saliti sulla nave che da Assuan avrebbe percorso il Nilo fino a Luxor, permettendoci così di vedere alcuni dei siti più iconici dell’Egitto, ammirando anche la vita dai ritmi lenti che si snoda lungo le sponde del fiume.
A dire il vero, anche la mattina del nostro primo giorno la nave sarebbe rimasta ferma sulle sponde di Assuan, perché avevamo la sveglia alle 4 per iniziare un’escursione diretta ad Abu Simbel, per osservare con i nostri occhi una delle più grandi sfide ingegneristiche che l’UNESCO abbia mai dovuto affrontare.
Volete sapere perché?
Dopo la sigla ve lo spiego.
Abu Simbel dista da Assuan poco più di due ore in pullman, per questo la nostra sveglia era stata così presto, ma ci aveva permesso di ammirare l’alba sorgere nel deserto… e anche di coccolare tanti teneri cagnolini randagi che erano venuti a cercare cibo e attenzioni durante una pausa del percorso in uno dei pochissimi punti di ristoro presenti lungo la strada.
Arrivati ad Abu Simbel ci eravamo incamminati verso i due enormi templi scavati nella roccia, affacciati sul lago Nasser e realizzati per intimidire i vicini nubiani e celebrare la vittoria nella battaglia di Qades da parte di Ramses II (che poi nella realtà fu più un pareggio tra egizi e ittiti). Il tempio maggiore è dedicato appunto a Ramses II, il minore alla regina Nefertari, ma come vi accennavo in precedenza, il punto in cui oggi li potete osservare non è quello originario della loro edificazione.
Nel 1960 iniziarono infatti i lavori per la diga di Assuan e quest’opera avrebbe formato un enorme bacino artificiale che rischiava di coprire per sempre con l’acqua alcune delle più grandi opere realizzate dagli antichi egizi, compresi i templi di Abu Simbel. Per questo l’UNESCO, organizzazione internazionale formata ormai da più di 10 anni ma che nella realtà dei fatti fino a quel momento poco aveva dovuto fare per la salvaguardia di siti archeologici, intervenne con forza per evitare la perdita di tali tesori dell’umanità, facendo attivare più di 100 nazioni che diedero denaro, uomini e tecnologie per salvare i monumenti.
Anche l’Italia partecipò, in quanto si decise di tagliare e smontare i templi per ricostruirli poi 65 metri più in alto e oltre 200 metri più indietro rispetto alla posizione originale e per farlo i migliori tecnici nel taglio di pietre erano i cavatori di marmo italiani delle zone di Carrara e Lucca, che furono infatti a capo di questa straordinaria impresa.
Cercate su internet le foto dei lavori, sono davvero impressionanti!
Passando al sito vero e proprio: forse l’avevo idealizzato così tanto che mi aspettavo ancor di più, ma nulla toglie che la maestosità degli ingressi emoziona non poco. Il problema è che essendoci tanti visitatori era difficile osservare con calma gli interni e muoversi con serenità a osservare i dettagli, per esempio, delle scene con la vittoria (da quel che afferma) di Ramses II a Qades. Comunque per me l’impatto maggiore del sito è dato dalle dimensioni delle molteplici statue rappresentanti il re e la regina.
Rientrati sulla nave ci eravamo rilassati il resto della giornata, anche perché l’offerta culinaria permetteva di togliersi diversi svizi e dopo cena finalmente l’imbarcazione aveva iniziato a muoversi.
La mattina al risveglio era stato davvero piacevole scrutare dalle finestre le rive del fiume e davvero pareva di tornare indietro di millenni. Giovani uomini portavano al pascolo il bestiame, piccole imbarcazioni pescavano e si vedeva tutt’intorno acqua, vegetazione intervallata da zone più desertiche e ogni tanto qualche piccolo paese o villaggio.
La nave si era poi fermata a Kom Ombo, luogo di culto dell’era tolemaica (quindi ormai vicino alla fine dell’impero dei Faraoni) dedicato al dio coccodrillo Sobek e alla manifestazione solare del dio falco Horus.
Nel piccolo museo legato al tempio particolarmente interessante era stato vedere diversi coccodrilli imbalsamati, come dono al dio.
Come sempre sono la maestosità e la grandezza di queste strutture a colpire l’occhio più di tutto anche se quella che mi avrebbe lasciato senza parole sarebbe arrivata solo il giorno seguente.
Infatti, per l’ultimo dell’anno l’escursione in programma ci avrebbe condotti al cospetto delle giganti mura del tempio di Horus a Edfu.
Non sapevo nulla di questo tempio, dedicato al dio falco figlio di Iside e Osiride, e neanche avevo presente immagini della sua struttura. E probabilmente proprio per questo ne ero rimasto ancora più colpito!
Intanto bisogna dire che è uno dei templi meglio conservati di tutto l’Egitto, e già questo aiuta, in quanto fu completamente sotterrato dalle sabbie del deserto per una profondità di oltre 12 metri e riscoperto solo alla fine del 1700!
Io ero rimasto senza parole per la dimensione della sua porta di ingresso: circa 36 metri di altezza! Davvero maestosa e ottimamente conservata con bassorilievi legati alle gesta di Tolomeo XII.
Non da meno erano poi le decorazioni delle sale ipostile al suo interno, così come il santuario che in antico conteneva anche la statua in oro del dio e la barca solare per le processioni, oggi conservata al Louvre.
Pienamente appagati dalla visita avevamo poi trascorso il resto della giornata ammirando il Nilo durante la nostra navigazione e festeggiato la sera la fine dell’anno. Senza fare troppo tardi però: perché l’ultimo giorno sarebbe stato il più impegnativo di tutti, in quanto avremmo lasciato la nostra imbarcazione e visitato i più celebri siti archeologici del cuore dell’Egitto.
Pronti e via, la prima tappa era la Valle dei Re! Calcolate però che, anche se era il primo dell’anno, la mole di gente era assurda e quindi ci eravamo limitati alla visita di tre tombe tra quelle visibili con il biglietto di ingresso, che ovviamente non includeva quelle di Tutankhamon e Ramsen V/VI, per le quali bisognava pagare un extra! Stupidamente non ho segnato i nomi di quelle in cui eravamo entrati. Anche perché ero smanioso di vedere cosa ci fosse al loro interno. Ed effettivamente è impressionante poter notare quanto ancora si sono conservati colori e pitture all’interno di esse.
Però, ora che ci penso, una era stata la tomba dedicata a Merenptah, dove era presente il suo sarcofago.
Chiedo ancora perdono per non essermi appuntato i nomi delle altre due. Sui social metterò però diverse foto dei loro magnifici interni!
Il caos e il caldo però rendevano la visita meno piacevole del previsto, quindi eravamo stati molto felici di essere trasportati poi al tempio funerario della regina Hatshepsut, sicuramente uno dei più spettacolari templi egizi, essendo scavato nella roccia con una struttura a terrazze con colonne e pilastri con l’intenzione di creare una simbiosi tra natura e architettura. Però va precisato quello che si ammira oggi è una ricostruzione che ha visto i suoi restauri finali ancora oltre la metà del 1900. Ma il colpo d’occhio resta di altissimo livello.
Ricostruzione o no, qua ci si può sentire davvero come gli esploratori che nell’Ottocento viaggiavano nel deserto egiziano alla ricerca di strutture antiche!
Dopo uno sbrigativo pranzo, e del tempo perso in un negozio di alabastro dove nessuno tra noi e le altre persone del nostro gruppo erano interessate a comprare qualcosa, eravamo andati al complesso templare di Karnak a Luxor dove sono presenti i più iconici e noti templi egizi!
Per via della mole di visitatori forse si respirava meno autenticità rispetto, ad esempio, che in quello di Edfu, ma resta innegabile che camminare tra le gigantesche colonne della grande sala ipostila di Seti I e Ramses II o attraversare il Viale delle Sfingi resta qualcosa di davvero emozionante e indescrivibile!
Stava arrivando il tramonto e, visto che nei giorni dei vari tour c’erano stati un po’ di ritardi o incomprensioni con alcune persone del nostro gruppo, l’agenzia locale che gestiva quelle escursioni aveva voluto regalarci un giro in feluca sulle sponde del fiume (affascinante ma di base non molto entusiasmante visto che ci eravamo mossi di pochi metri sul fiume) e poi, invece di riportarci al complesso per vederlo illuminato di notte e finalmente portarci ai nostri hotel, avevamo dovuto passare anche per la sede centrale dell’agenzia per bere del te, come scusa per i ritardi. Peccato che così avevamo accumulato ancora più ritardo! Gentili, per carità, non fraintendete. Ma eravamo tutti un po’ cotti! Noi volevamo solo rientrare ormai e quindi anche il secondo sguardo a Karnak era diventato nettamente meno interessante del primo.
Alle 21 finalmente avevamo raggiunto l’hotel, l’Aracan Eatabe, decisamente il migliore della vacanza, che per fortuna aveva anche un ristorante interno per mettere qualcosa rapidamente sotto i denti, ma purtroppo avevamo potuto godere davvero poco dei suoi servizi e della sua comodissima stanza, in quanto alle 6 di mattina avevamo già il volo interno da Luxor al Cairo e poi quello dalla capitale egiziana all’Italia.
I controlli anche in questo caso erano stati sempre molto serrati, ma al Cairo ci eravamo almeno fatti due risate.
Dopo aver passato i metal detector c’era anche un controllo a mano dove si veniva tastati per controllare, io ero passato per primo, e l’addetto mi aveva controllato poi quando era toccato a Valeriya lei non si era accorta che c’era un’addetta pronta a controllarla e invece si era fiondata, già con le braccia aperte e alzate verso l’addetto che in evidente imbarazzo, in quanto non avrebbe potuto toccarla, le indicava a grandi gesti di cambiare direzione.
La risata era scappata anche a loro, alla fine!
Stanchi, anzi stanchissimi, alla fine eravamo rientrati in Italia con una convinzione, per quanto mi riguarda: per quanto caotico, arretrato, e disordinato, l’Egitto è uno dei luoghi più autentici ancora presenti al mondo e, passeggiando tra le sue meraviglie o osservando il tramonto sulle rive del Nilo, davvero si può tornare indietro nel tempo, rimembrando una cultura unica e millenaria!
Ho finito con questa seconda parte ma, a malincuore, ho una cosa molto importante da dirvi: ho deciso, almeno per ora, di non continuare il mio progetto di Taste of Art dopo ormai 5 anni.
Il modo di fare podcast da quando ho iniziato è cambiato, e forse anche Taste of Art avrebbe bisogno di cambiamenti che però, per via di tempo, denaro e attrezzature non sarei in grado di fare con qualità.
Quindi, ad oggi, preferisco fermarmi, piuttosto che portare avanti qualcosa dove so che dovrei dare e fare di più per renderlo soddisfacente come vorrei, ma purtroppo non riuscirei a farlo.
Ringrazio tutti voi che mi avete ascoltato e supportato e siete stati davvero molti, ben più di quelli che mi sarei mai aspettato all’inizio.
Forse è solo un momento, forse ci risentiremo, qui o in qualche altro progetto.
Io continuerò a viaggiare per scoprire sempre nuovi luoghi che possano arricchirmi come persona ed emozionarmi.
Mi raccomando, fatelo anche voi.
Grazie a tutti per l’ascolto.
