Puntata 21 – Gerusalemme (Parte 1)

Nel Talmud Babilonese, uno dei testi sacri dell’ebraismo, si trova scritta questa frase:

“Chi non ha visto Gerusalemme nel suo splendore non ha mai visto una città desiderabile in vita sua”.

Purtroppo non ho avuto la fortuna di vedere Gerusalemme all’apice del suo splendore ma sento comunque, per quel che ho ammirato alcuni anni fa, di poter confermare queste parole.

Perché, piena di seducenti pregi e detestabili difetti, perennemente in guerra e non in grado di trovare la pace sia all’interno delle sue mura sia fuori dai suoi confini, questa città è davvero unica e irripetibile.

Lo si capisce guardando le persone che camminano per le sue strade, ascoltando le eterogenee lingue e culture lì presenti.

Lì dove infinite realtà, storie, forme d’arte si incontrano e spesso si scontrano.

Dove tre tra le più importanti religioni stentano a trovare un pacifico equilibrio, ma in quei rari momenti in cui si possono osservare con i propri occhi scene in cui questo accade, vi assicuro che si può assistere a qualcosa di magnifico.

Bert, Giuseppe, Roberto ed io nel 2016, per tre giorni, avevamo girato per questa appassionante città ma, come ogni BerTour che si rispetti, imprevisti e situazioni non esattamente consone non potevano abbandonarci.

Ed essendone successe diverse, oltre ad aver soprattutto visto davvero molto, dividerò il racconto nelle ultime due puntate di questo 2021 che ha visto la nascita di Taste of Art!

Iniziamo, quindi, questa prima parte del viaggio a Gerusalemme!

Il primo ricordo che ho di questo viaggio è in realtà un “non ricordo”…

No, non sono pazzo. Semplicemente sul primo dei due voli che ci dovevano portare in Terra Santa ero bellamente svenuto, senza che nessuno dei miei fedeli compagni di viaggio si accorgesse di nulla.

 

Era il tardo pomeriggio di sabato 29 ottobre, e da Milano avevamo volato fino a Istanbul, e da lì poi dovevamo ripartire in direzione di Tel Aviv.

Durante il primo volo però ero finito in ultima fila, posto finestrino, e di fianco avevo una coppia di signori russi assolutamente fuori scala, che non vedevano probabilmente una doccia da tempo immemore.

Praticamente ero in un angolo chiuso con dell’aria irrespirabile.

Quel giorno non ero in formissima e a quanto pare il connubio di queste cose più, secondo me, una pressione non perfetta in quell’anfratto dell’aereo avevano iniziato a farmi girare la testa e sentire un forte senso di mancanza d’aria.

Avevo tentato di chiamare l’hostess senza riuscirci e l’ultimo flashback che ho è il mio vago tentativo di mettermi una leggera coperta che davano in dotazione sul volo.

Poi più nulla.

Immagino di essere apparso agli occhi di chi può avermi notato semplicemente come uno che si era addormentato… e comunque, dietro ai due tizi, dubito fosse facile vedermi.

Di fatto avevo ripreso conoscenza durante la discesa e per fortuna avevamo un minimo di tempo da trascorrere in aeroporto a Istanbul prima di ripartire. Che era stato fondamentale per farmi recuperare lucidità.

L’arrivo nel movimentato Stato di Israele era previsto alle 3 della mattina seguente e sapevamo che avremmo dovuto attendere almeno tre ore per trovare una navetta per Gerusalemme, in quanto le corse non partivano prima delle 6.

Atterrati quindi a Tel Aviv avevamo diverse ore da far passare e il sonno si faceva sentire.

Come in un Tetris umano cercavamo zone dell’aeroporto dove incastrarci per tentare di dormire.

Io e Giuseppe avevamo provato sulle scomodissime sedie delle sale d’attesa, ma l’unica cosa rimasta di quel vano tentativo erano stato solo un gran dolore alla schiena.

Bert e Roberto, indipendentemente dalla scarsa pulizia dei pavimenti, avevano optato invece direttamente per cercar di dormire per terra.

Vi lascio immaginare come apparivamo freschi, una volta giunti a Gerusalemme.

Arrivati in città, in linea con l’inizio del nostro viaggio, non era stato per niente facile trovare la via dove, tecnicamente, doveva esserci il nostro appartamento… e, una volta individuata, comunque non era lì la reale sede del posto da noi prenotato, ma in un’altra sempre degli stessi proprietari.

Il tutto si era svolto in un continuo scambio di telefonate proprio con i proprietari mentre vagavamo a caso chiedendo indicazioni a chiunque per trovare la via.

Che poi, non eravamo mica in luoghi sconosciuti, anzi! Eravamo in una zona molto centrale a ridosso di Jaffa Street, in una delle aree più turistiche della Città Nuova.

Ah, ultima chicca: l’appartamento era ampio e comodo… ma sembrava fosse stato sistemato in fretta e furia e, nel frigo, avevamo avuto il piacere di trovare della pasta avanzata in un piatto di chi era stato lì prima di noi! Oltre al bagno piccolo e scomodo e un lampadario che dava la scossa quando si premeva l’interruttore.

Stanchi ma mai domi, senza perdere ulteriore tempo ci eravamo subito diretti verso le mura della Città Vecchia con l’idea di vedere prima di tutto il quartiere cristiano di Gerusalemme, seguendo ovviamente il percorso della Via Dolorosa con le varie tappe della Via Crucis che ricordano i principali momenti biblici della passione di Gesù.

I quartieri, dentro le mura della città, sono quattro: Cristiano, Ebraico, Musulmano e Armeno.

Noi, alla fine di tutto il viaggio, l’unico che avevamo potuto vedere solo di sfuggita era stato quello Armeno per mancanza di tempo residuo avendo preferito concentraci sugli altri.

Il fanatismo religioso a Gerusalemme raggiunge, scontato dirlo, le sue massime vette e quindi non era stato facile cercare di ammirare e apprezzare con calma i luoghi che ci eravamo prefissati, perché ovunque si trovavano persone forse fin troppo devote che esasperavamo i loro momenti di preghiera, spesso bloccando punti di passaggio e rendendo il tutto molto estenuante.

Non fraintendete, a Gerusalemme più che in qualsiasi altro posto del mondo l’importanza delle religioni, dei riti e di tutto quel che vi è legato è fondamentale, ma personalmente non ho mai apprezzato il fanatismo di qualsiasi tipo, che porta spesso a intaccare le libertà altrui, in maniera irrispettosa.

Vista la difficoltà che avevamo incontrato a seguire i percorsi canonici avevamo saltato alcune tappe, pur riuscendo almeno a vedere, arrivando a ridosso del quartiere musulmano, la Chiesa della Flagellazione, dove nel convento in cui è stata edificata ha sede lo Studium Biblicum Franciscanum, istituzione accademica molto nota facente capo ai frati francescani.

Ci eravamo allora diretti, curiosando anche per altre vie del quartiere, direttamente alla Chiesa del Santo Sepolcro e lì, per fortuna, tranne alcuni ennesimi momenti di eccessiva devozione, avevo finalmente percepito e compreso l’importanza del luogo in cui mi stavo trovando.

Situata alla fine della via Dolorosa, quella che può essere certamente definita come una delle più importanti chiese della cristianità era stata edificata per inglobare sia la parte dove era avvenuta la crocifissione di Gesù (il Golgota), sia la sua successiva sepoltura.

Non sono qui ora per fare “l’archeologo”, per dare o no credito a quello che viene narrato nella Bibbia e esporre il mio parere sulla realtà o no dei fatti che si vogliono ricordare in questa chiesa.

Non so se sia avvenuto davvero il calvario di Gesù di Nazareth, con la sua morte e, per chi crede, la sua seguente resurrezione… ma tante persone hanno fede in questo, e io non sono nessuno per contraddirle.

Da archeologo, invece, ovviamente ero attento a ogni dettaglio della Basilica che stavo ammirando.

Quella che si può visitare ora è la chiesa ricostruita dopo la Prima Crociata, perché era stata distrutta nel settembre del 1009 per volere del Califfo Al Hakim.

A seguito della distruzione erano rimaste solo delle piccole strutture e cappelle a indicare la presenza del sepolcro di Gesù, ma i crociati vollero ovviamente ridare lustro e valore a quello che doveva essere il simbolo e la meta principale per tutti i pellegrini.

Pur essendo imponente, l’ingresso avviene da una porta non appariscente posta nel transetto sud della struttura e la prima immagine che mi torna alle mente è quella delle persone inginocchiate rispettosamente intorno alla Pietra dell’Unzione, dove secondo le scritture il corpo di Cristo fu preparato per la sepoltura.

Molto più difficile era stato vedere con tranquillità la Cappella del Calvario con l’Altare della Crocifissione perché anche qua erano presenti persone prese da deliri mistico-religiosi che nulla avevano, a mio avviso, a che fare con il credo e la spiritualità.

Ma tranne per questi brevi momenti, per il resto degli spazi era abbastanza facile muoversi per questa chiesa dallo stile prettamente romanico edificata, ricostruita e modificata nell’arco dei secoli e giungere poi nel punto più importante di tutta la cristianità: l’Edicola del Santo Sepolcro.

Un luogo di così di piccole dimensioni trasmette però una totale e rispettosa reverenza perché, se ci si ferma a riflettere, che ci sia davvero stato lì o no Gesù, sono passati e si sono inginocchiati su quella pietra un numero indefinibile di persone di qualsiasi ceto, colore, cultura; forse (anzi, sicuramente) anche donne e uomini che credevano in altre religioni.

È davvero uno dei centri del mondo. Lo si può percepire, quando ci si trova al suo cospetto.

Usciti dalla Basilica del Santo Sepolcro ci eravamo diretti al Muro del Pianto, che avremmo rivisto anche nelle giornate seguenti, ma quella prima volta la ricordo con il sorriso sulle labbra perché, mentre mi stavo avvicinando al muro alcuni signori con in testa il kippah, il noto copricapo utilizzato dagli uomini di origine ebrea nei luoghi di culto, stavano cantando e recitando delle preghiere e uno di loro mi prese per un braccio, inizando a fare con me e altri due di loro una specie di girotondo, cantando e sorridendo; quando ci fermammo scambiammo alcune parole e provai un piacevole senso di “accoglienza”.

Eravamo molto stanchi, e intendevamo vedere le parti musulmane ed ebraiche della città nei giorni successivi.

Ma avevamo deciso di chiudere il “Tour Cristiano” raggiungendo il Getsemani, l’uliveto dove secondo i Vangeli Gesù si ritirò dopo l’ultima cena e da lì il Monte degli Ulivi, per guardare Gerusalemme dall’alto mentre il sole iniziava lentamente a tramontare.

Dovevamo solo percorrere un paio di chilometri in salita, ma ammetto che realmente avevamo bisogno di recuperare le energie.

Però, una volta giunti, girando lo sguardo verso la Città Santa illuminata dalle sue luci e accarezzata dagli ultimi rossi raggi del sole, la fatica di colpo era svanita e, rifacendomi alle parole del Talmud citato all’inizio, avevo trovato Gerusalemme davvero desiderabile.


Mi fermo al primo giorno del mio viaggio a Gerusalemme, per questa puntata.

Nella prossima avrò molti luoghi da raccontarvi, preparatevi. Compreso uno dei musei che maggiormente mi ha emozionato tra tutti quelli che ho visitato fino ad oggi.

E, inoltre, avrò da raccontarvi forse la più assurda situazione vissuta da me e i miei amici nei nostri viaggi.

Direi che non potete perdervela!

Vi aspetto tra due settimane.

Ciao a tutti.

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