Puntata 33 – 40 ore a Londra

Eravamo arrivati, nella puntata precedente, al momento in cui Stefano e io avevamo recuperato i nostri zaini dal parrucchiere anglo-siciliano tuttofare e per l’ennesima volta durante il nostro peregrinare nel Regno Unito avevamo preso un mezzo di trasporto diretto a Londra.

Questa volta il treno però aveva effettivamente come meta finale proprio la capitale inglese.

Eravamo oramai quasi al termine della nostra vacanza con giusto un pomeriggio e tutta la giornata seguente, notte compresa, da trascorrere a Londra.

Ma dire che avevamo utilizzato pienamente il poco tempo a nostra disposizione è dir poco perché tra musei, simboli della città e pub storici con birre memorabili, avevamo saputo utilizzare ogni minuto a nostra disposizione.

Il mio amico Dan, come un novello Virgilio, ci aveva scortato nel cuore di Londra, appunto alla scoperta di alcuni locali che neanche con TripAdvisor o altre app simili forse avremmo trovato.

Se siete curiosi, aspettate la fine della sigla e preparatevi a un intenso racconto finale del mio viaggio in alcuni dei luoghi più affascinanti della più importante città della monarchia inglese.

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Partiamo da una nota lieta, a questo giro c’era andata decisamente meglio con l’ostello scelto.

Il Palmers Lodge Swiss Cottage si trova a poca distanza dall’uscita dell’omonima fermata della metro Swiss Cottage ed è comodo per raggiungere zone come ad esempio Westminster, nel cuore della capitale inglese. Inoltre la location è accogliente, realizzata all’interno di un vecchio edificio in stile vittoriano. Certo, noi avevamo scelto una stanza da dodici posti letto, quindi si stava non poco accampanti. Ma, ripensando dove eravamo stati a Bath, al confronto eravamo come in un hotel a 5 stelle.

 

Depositati gli zaini nella stanza alle 4 del pomeriggio eravamo già dentro al Museo di Storia Naturale della città, che Stefano ci teneva decisamente a vedere e del quale anche io ero incuriosito. Enorme e a tratti dispersivo, anche se purtroppo alcune sue sale erano chiuse per restauri, merita però una visita anche solo per la storicità del luogo, che ospita più di 70 milioni di reperti ed è aperto dal 1881.

Dopo aver visto fossili e enormi scheletri di dinosauri e animali ben più recenti avevamo deciso di raggiungere e superare il Parlamento con il famoso Big Ben, attraversare il Waterloo Bridge e camminare sulla rumorosa e vitala Queen’s Walk che costeggia il Tamigi, che con locali e musicisti di strada rendeva estremamente piacevole la passeggiata in quella che una delle più note zone di Londra; finendo poi, un po’ a caso, in un ristorante greco di cui non ricordo il nome però, perché sinceramente anche se il cibo non era male era un po’ troppo dallo stile ricercato e con porzioni striminzite (quindi già neanche lontanamente greco nello stile) per finire nella mia “lista preferiti” personale.

Niente pub però per quella sera, perché sapevamo che dovevamo farci trovare in forma perfetta per l’incontro che avremmo avuto il giorno dopo.

La mattina del nostro ultimo giorno completo in terra inglese, infatti, dopo una gustosissima, abbondante e tipica English Breakfast al Oliver’s Village Cafe, non lontano dal nostro ostello, avevamo avuto tempo fino a mezzogiorno circa per visitare un paio di mete per noi fondamentali, prima di incontrare finalmente il mio caro amico Dan, compagno di studi universitari pisani che da diversi anni vive a Liverpool e mi aveva fatto il graditissimo piacere di venirci a trovare a Londra per passare un pomeriggio insieme prima del nostro ritorno in Italia.

Quelle ore di attessa le avevamo riempite con due vere “gemme” della città:

L’abbazia di Westminster, dove avevamo prenotato per tempo il biglietto per poterla visitare, e la National Gallery, vista volontariamente solo di sfuggita perché il tempo non era molto a nostra disposizione, però c’erano alcuni quadri che non potevo perdermi, essendo a Londra.

Iniziamo da Westminster:

Vi consiglio di non farvi intimidire dal suo prezzo d’ingresso, perché vale ogni sterlina spesa.

Appena superata l’entrata al pubblico posta su uno dei lati lunghi dell’architettura iniziata del 1045 e inserita nel patrimonio Unesco, avevamo trovato ad accoglierci dei gentili addetti che ci avevano consegnato una audio-guida dotata anche di schermo interattivo estremamente utile per non perderci ogni dettaglio o curiosità di questo simbolo della chiesa, e della monarchia inglese. Qui, infatti, sono sepolti monarchi e membri della famiglia reale britannica e anche alcune delle più prestigiose personalità della storia del Regno Unito; inoltre, come saprete, è anche il luogo delle incoronazioni reali.

La facciata che attualmente si può ammirare è stata realizzata diversi secoli dopo l’inizio della costruzione dell’abbazia, intorno all’inizio del Cinquecento, mentre la sua struttura principale è in stile gotico impostata a croce latina su tre lunghe navate. Uno dei punti che maggiormente mi aveva incuriosito era stato il cosiddetto angolo dei poeti con tombe o lapidi commemorative di artisti assoluti della letteratura come Shakespeare, Dickens e Chaucer.

Ma ogni porzione di questa maestosa architettura sa affascinare chi la visita, e impone rispetto e reverenza.

Usciti da Westminister ci eravamo quindi diretti alla National Gallery perché, pur essendo stato altre volte a Londra, volevo assolutamente vedere dal vivo alcune opere che non avevo ancora potuto ammirare. Su tutte la versione “sorella” di quella del Louvre de “La Vergine delle rocce” di Leonardo da Vinci, successiva di almeno dieci anni rispetto a quella conservata in Francia e più delicata; infatti fu probabilmente realizzata perché la prima versione non aveva pienamente convinto i committenti del genio fiorentino che parevano averla trovati per certi aspetti ambigua e inquietante. Oltre al dipinto del grande Leonardo ero anche interessato poi inoltre alla vivida “Cena in Emmaus” del tormentato Caravaggio, alla “Valorosa Temeraire” del maestro britannico dei paesaggi William Turner, alla notevole ricchezza cromatica del “Bacco e Arianna” di Tiziano e a una delle versioni degli iconici “Girasoli” di Van Gogh.

Non che non ci sia molto altro da ammirare. Anzi. Ma avendo poco tempo a disposizione, e con la fortuna che la National Gallery, come moltissimi altri musei britannici, è un museo a ingresso gratuito, potevamo concentrarci solo su alcune, notevoli opere dell’arte.

Finito il nostro rapido tour dentro a questo straordinario museo inaugurato quasi 200 anni fa era il momento, finalmente, di incontrare Dan, con il quale avremmo visitato Temple Church e, soprattutto, passato un pomeriggio insieme alla scoperta di alcuni dei più famosi pub della città.

Come un eroe, pronto ad affrontare la sua missione per la quale aveva preso due treni da Liverpool alcune ore prima per raggiungerci, Dan si ergeva sorridente a poca distanza dalla National Gallery; dopo esserci salutati aveva già preso in mano le redini del nostro giro perché, prima di andare a Temple Church, dovevamo festeggiare il nostro incontro con una birra.

Proprio poco distante dalla chiesa templare, nota anche per essere apparsa sia nel libro che nella trasposizione cinematografica del Codice da Vinci, si trova il Temple Brew House, pub sotterraneo dove producono loro molte delle birre in vendita e soprattutto fanno delle patatine con sopra il pulled pork che sono la fine del mondo. A chi piace il genere ovviamente.

Non leggerissime, ma notevolmente buone!

Temple Church, invece, ha un fascino unico:

Edificata nel XII secolo dall’ordine dei Cavalieri Templari questa struttura religiosa era stata costruita con la volontà di evocare nella sua struttura il modello della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Intento decisamente riuscito.

Attenzione a una cosa però: i dieci altorilievi scolpiti nel pavimento con le fattezze di cavalieri non indicano i luoghi di sepoltura di quest’ultimi. Rappresentano semplicemente delle lapidi commemorative di questi Templari.

Dopo Temple Church in una decina di minuti ci eravamo diretti nella zona di Blackfriar, dove il pub omonimo lì presente, ancor più che per le ottime birre, merita di essere visitato perché conserva parti delle strutture degli antichi palazzi dove risiedevano, proprio in quella zona, i monaci dell’ordine dei Domenicani dalla fine del 1200. Non il tipico pub che si vede tutti i giorni in terra inglese.

La terza meta del personale tour di Dan era stata il Viaduct Tavern, pub dove la mia pessima pronuncia inglese aveva fatto immediatamente riconoscere le mie origini al barista italiano che ci spillava le birre. Questo è uno dei più iconici e antichi locali di Londra, edificato nel 1865 e inserito nel novero dei pub con interni architettonici di valore storico nazionale che offrono la Real Ale. Inoltre leggenda narra che sia infestato dai fantasmi.

Noi comunque non ne avevamo visti, probabilmente perchè iniziavamo ad essere già annebbiati dalla birra.

La nostra speciale guida però non cedeva di un millimetro dalla sua missione e quindi avevamo continuato al The Craft Beer, interessante per la vastissima scelta di spillatrici tra cui selezionare che cosa gustare, e in seguito avevamo fatto una pausa per rifocillarci con hamburger e piatti locali al The Dog and Duck, nella nota zona di Soho, anche questo inserito nella lista dei pub storici britannici per la particolarità dei suoi interni.

Ultima meta, perché poi Dan doveva ritornare a Liverpool e noi dovevamo prima recuperare i nostri zaini all’ostello e dirigerci in aeroporto, pronti a trascorrere una notte al terminal in attesa del volo in quanto avevamo reputato inutile tenere una stanza per uscire alle 3 di notte e trovare (con sicura difficoltà) un mezzo di trasporto per Gatwick, era stato il The Euston Tap, davanti all’omonima stazione di Euston.

Dan era ancora decisamente lucido al momento dei nostri calorosi e allegri saluti e con tranquillità era andato a prendere il treno.

Noi invece, eravamo un po’ più provati, ma per dignità evito di entrare nel dettaglio e spiegare la fatica che avevamo fatto per tornare prima in ostello senza sbagliare le metro e successivamente in aeroporto.

Vi assicuro però che non era stato facile. Per niente.

Comunque verso le 11 di sera, eravamo finalmente arrivati a Gatwick. Pronti a cercare di dormire qualche ora su scomode sedie, con l’aria condizionata probabilmente a 16 gradi che mi stava facendo desiderare quasi di essere di nuovo il prima possibile in mezzo al caldo afoso lomellino, ma davvero felici per gli otto giorni trascorsi in alcuni dei luoghi più affascinanti del regno unito.

E Londra, intrigante, multietnica e vivace, era stata perfetta per concludere un viaggio davvero degno di essere cosi chiamato.


Con questa puntata chiudo il racconto dei miei giorni a zonzo tra Scozia e Inghilterra.

Proprio pochi giorni fa, invece, con i miei amici del BerTour, abbiamo trascorso un week end a Budapest. E direi che non posso proprio non raccontarvelo nella prossima puntata.

Riordino un attimo le foto e le idee, e vi aspetto il 16 dicembre per l’ultima puntata del 2022 di Taste of Art!

Grazie come sempre dell’ascolto e a presto!

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