Amo il caldo.
E lo amo ancora di più quando nella ridente pianura padana, dove risiedo, iniziano ad arrivare la nebbia e quel pungente freddo umido che tanto bene si infila nelle ossa per restarci mediamente per tutto l’inverno. Quindi, appena Valeriya mi aveva proposto, pochi mesi fa, di andare a vedere Lisbona prima di Natale, la mia risposta era stata più che positiva. In realtà entrambi già da tempo avevamo inserito la capitale del Portogallo tra le mete adatte a una fuga di due/tre giorni, perché ci incuriosivano le attrazioni che aveva da offrire, così come i suoi dintorni. Infatti avevamo pianificato di visitare, oltre a Lisbona, anche Sintra e Cabo da Roca, il punto più a ovest d’Europa.
Ah, se andrete a Sintra con l’intenzione di vistare il Palacio Nacional da Pena attraversando a piedi l’immenso parco che lo circonda preparatevi a metterci molto tempo, e a utilizzare abiti adatti. Perché il percorso non è proprio quello che si può definire una rilassante passeggiata in salita.
E noi lo avevamo scoperto, a nostre spese, dopo averlo intrapreso. Ammetto che, per un attimo, credevo che giustamente Valeriya decidesse di strozzarmi e lasciare il mio corpo disperso nel parco… e non le avrei dato torto!
Ma direi di andare più nel dettaglio del nostro viaggio in Portogallo…
Eravamo atterrati nel tardo pomeriggio di venerdì 17 dicembre; sì (non siamo molto scaramantici) e il percorso fino al nostro hotel era stato estremamente semplice, grazie ad una Metropolitana davvero ben gestita e organizzata, che con facilità ci aveva permesso di raggiungere il quartiere di Baixa, dove si trovava il nostro hotel: l’Anjo Azul. Ricordo con estremo piacere la gentilezza del suo staff e la comodità della posizione in cui era posto.
La prima sera avevamo semplicemente fatto un giro in centro, dopo aver subito mangiato un paio di Pasteis de Nata, vera droga in quei giorni! Questi semplici dolci sono tipici di Lisbona, fatti con pasta sfoglia, uova e crema e sono la fine del mondo! Quelli del Manteigaria (piccolo laboratorio di pasticceria) vicino a Praça Luís de Camões, poi, erano stati i più buoni da noi assaggiati.
Avevamo passeggiato per Baixa arrivando fino al mare, attraversando i luoghi più battuti della vita notturna della città. Dopo giorni di nebbia e freddo padano lo stare seduti guardando il mare con il cielo limpido e le stelle, accompagnati da una leggera brezza, senza sentire però un freddo pungente, era già valso da solo il viaggio.
La mattina per prima cosa ci eravamo mossi verso il Convento do Carmo, luogo pieno di fascinoso mistero che a molti potrebbe ricordare una celebre chiesa custodita nel cuore della Toscana, cioè la chiesa di San Galgano. Il Convento fu fondato da Dom Nuno Álvares Pereira, cavaliere che cambiò vita dandosi alla preghiera. La struttura, in stile gotico, fu costruita nel 1389 ma ora le sue slanciate arcate sembrano puntare al cielo, perché nel 1755 ci fu un devastante terremoto che devastò la città. Inizialmente si pensò di ricostruire la chiesa ma i lavori alla fine non si conclusero anche per il fatto che ci rese conto dello straordinario fascino lasciato dai resti del Convento. L’archeologo che è in me non può che abbracciare questa scelta. Annesso al Convento si trovava anche il Museo Archeologico della città che esponeva un’interessante collezione di reperti legati alla storia di Lisbona, dalla preistoria al Medioevo.
Dal Convento, stando attenti a non finire sotto a uno dei tipici tram dai vivaci colori che attraversano la città e salendo anche sull’iconico ascensore di Santa Giusta (una delle strutture più note di Lisbona), ci eravamo incamminati verso il Castello di São Jorge, cioè San Giorgio. Il Castello era una fortezza costruita dai Mori nella prima metà del XI secolo e nel Duecento aveva subito modifiche per poter ospitare la corte reale, il vescovo e gli archivi reali. In seguito tra il XVII e il XVIII secolo era tornato a possedere la sua iniziale funzione militare e difensiva. Sicuramente la sua peculiarità principale, ciò che per me è il vero motivo per cui bisogna assolutamente visitarlo, è lo straordinario panorama che si può ammirare dal Belvedere dei suoi giardini. Quel giorno inoltre il cielo era libero da nuvole con il sole che illuminava i rossi tetti del quartiere Alfama, il più antico di Lisbona. Davvero una vista magnifica.
Avevamo girato in lungo e in largo il castello e poi uscendo, prima di raggiungere la cattedrale, non avevo resistito ad assaggiare un’enorme polpetta di baccala e gustare del dolce Porto in un locale take away lì vicino. Pura golosità, ma non potevo aspettare il pranzo!
Arrivati al cospetto della Cattedrale eravamo rimasti subito catturati dalla facciata e poi, al suo interno, dall’imponente struttura: un connubio armonioso di arte romanica e gotica; ma avevamo già macinato diversi chilometri e, avvicinandoci al mare, ci eravamo fermati al Ristorante Maria Catita incuriositi dal menu e avevamo fatto bene. Lo staff era gentile, la scelta di vini locali ampia e soprattutto i piatti erano squisiti. Avevo preso del polpo in umido saporito e gustoso, accompagnato da pane fatto in casa di cui era impossibile non fare il bis. E non solo i piatti di pesce meritavano! Valeriya aveva preso dei funghi e una zuppa di zucca eccezionale.
Ricaricate le pile eravamo pronti riprendere la nostra marcia perché, superata la Piazza del Commercio, ci eravamo incamminati verso il noto Ponte 25 aprile, con ultima meta la Torre di Belem, probabilmente il monumento più famoso di Lisbona. Vi avviso che fare tutto a piedi può comunque essere un po’ provante. Infatti, era davvero lunga la distanza fino al ponte; da lì poi, ammaliati dal tramonto e dalla piacevole atmosfera che si respirava, eravamo arrivati alla Torre senza renderci conto della lontananza dal nostro hotel.
Ma andiamo in ordine:
Dopo aver attraversato la Piazza del Commercio, con l’Arco di Trionfo e la Statua equestre di Giuseppe I a troneggiare sulle altre strutture presenti ci eravamo diretti verso il ponte. Però appunto, con il senno di poi, dalla piazza al ponte o si passa per il centro storico, allungando però ulteriormente il tragitto, oppure camminando sul lungomare ad un certo punto si costeggiano le rotaie della stazione dei treni e una strada molto trafficata, quindi niente di entusiasmante. Solo una volta arrivati quasi all’altezza del ponte, invece, si torna sulla parte più gradevole del lungomare.
Il Ponte 25 de Abril, ponte 25 aprile dalla data della storica Rivoluzione dei Garofani, con i suoi oltre 2000 e 200 metri di lunghezza è il più lungo d’Europa. Costruito nel 1966 a prima vista vi ricorderà quello di un’altra famosa città: San Francisco. Effettivamente era stato fabbricato dalla stessa impresa che costruì il Golden Gate della città americana. Quindi non preoccupatevi se, per un attimo, penserete di non essere in Portogallo!
La passeggiata, con il sole che intanto iniziava a calare dipingendo di rosso il cielo, era stata meravigliosa: il lungomare, che tecnicamente in realtà costeggia la parte finale del fiume Tago prima di sfociare nell’oceano, era pieno di persone e locali dove fermarsi a sorseggiare delle bevande o assaporare qualche pietanza guardando l’acqua. La gente era allegra e rilassata, davvero si respirava un bel clima e alla fine del percorso si raggiungevano anche alcuni dei monumenti più noti della città, come il Monumento alle Scoperte e, soprattutto, la Torre di Belem. Inizialmente, per colpa della mia non estrema vista sulle lunghe distanze, e forse anche per i primi segni di stanchezza, avevo confuso (e forse sperato che fossimo già arrivati) il Monumento alle Scoperte con la Torre. Che non si assomigliano neanche per sbaglio però! Giustamente ero stato preso in giro da Valeriya, che invece non sentiva ancora la stanchezza ed era ben ispirata a scattare fotografie.
La torre di Belem fu fatta costruire nel Cinquecento su iniziativa del re Giovanni II, che progettò un sistema di difesa per la foce del fiume. Per gli amanti della fotografia, visitarla al tramonto assicuro che è una gran soddisfazione! Lì era possibile anche scorgere il profilo prettamente gotico del Monastero dos Jeronimo, ma purtroppo a quell’ora era già chiuso e alla fine del viaggio era stato l’unico luogo che ci era dispiaciuto non riuscire a visitare. Sarà, quindi, un pretesto per tornare a visitare la città!
Con il calare del sole, però, si era alzato il vento e appena possibile ci eravamo rintanati verso l’interno ma, anche se avevamo tentato di coprirci con le sciarpe testa e volto, eravamo abbastanza storditi da tutto il vento preso e rientrati in stanza avevamo la scritta “game over” che si poteva quasi leggere sulle nostre facce.
Con la solita necessaria dose di Pasteis de Nata per colazione la mattina seguente ci eravamo diretti alla stazione dei treni, per raggiungere Sintra, città a circa un’ora da Lisbona il cui paesaggio culturale è entrato nel 1995 nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
Delle diverse attrazioni presenti nella città, avevamo deciso di concentrarci sui palazzi, a discapito del pozzo della Villa Quinta de Regaleira e delle rovine del Castello dos Mouros, perché volevamo raggiungere anche Cabo da Roca, il punto più ad ovest d’Europa, distante circa 25 minuti da Sintra.
Appena scesi dal treno ci eravamo diretti al palazzo più vicino a noi, il Palacio Nacional de Sintra perché avevamo visto che l’altro, il Palacio National da Pena, si trovava nella parte più alta della città, immerso in un parco che si sviluppava per diversi chilometri. Non sapevo ancora che la mia valutazione sulla difficoltà e sulla distanza per raggiungere a piedi quel palazzo sarebbe stata totalmente errata… e credo che Valeriya non riporrà mai più una cieca fiducia nei miei calcoli sui percorsi da intraprendere per visitare luoghi.
Partiamo però dal Palacio Nacional del Sintra: costruito in origine seguendo influssi arabi e moreschi, cosa che si può ancora percepire da alcuni suoi interni, il palazzo raggiunse il suo massimo splendore nel XVI secolo. Tra le stanze più originali non posso non citare l’ottagonale Sala dei Cigni, decorata con affreschi raffiguranti 27 cigni dal collare dorato, e la Sala delle Gazze. Ma noi ci eravamo principalmente soffermati a osservare a bocca aperta la Sala degli Stemmi, decorata con lavorazioni in legno e 72 stemmi delle più importanti famiglie cinquecentesche, oltre a essere circondata da eccezionali azulejos, le tipiche piastrelle in ceramica, smaltate e decorate, che creavano un intenso contrasto con il soffitto in legno. Da ultimo si arrivava alla cucina con i famosi camini conici alti ben 33 metri che delineano dall’esterno il profilo del palazzo.
Dopo aver fatto una pausa per pranzo avevo ingenuamente aperto google maps e cercato di capire la strada da fare per raggiungere il Palacio Nacional da Pena. Essendo a circa 5 chilometri di distanza, avevo stimato, conoscendo i nostri ritmi, che pur se in salita in un’oretta abbondante saremmo arrivati al palazzo. Mentre ci avvicinavamo al parco, però, trovavamo un sacco di persone che offrivano servizi di navetta e praticamente chiunque usufruiva di questi servizi; per un attimo a Valeriya era venuto il dubbio che fosse più proibitiva del previsto la salita, ma l’avevo convinta a provare, anche perché all’inizio sembrava proprio una semplice passeggiata su strade asfaltate in un bucolico giardino.
Peccato che, dopo neanche un quarto d’ora, si entrava in un bosco vero e proprio! Ogni tanto incontravamo solo qualche persona in totale outfit da trekking o anche da arrampicata; mentre noi, vestiti con normali abiti da vista di città, faticavamo sempre più a non inciampare nel terreno. Quando mi giravo verso Valeriya il suo sguardo non era proprio, giustamente, amorevole! Sempre più accaldati ad un certo punto però ci eravamo finalmente ricongiunti alla strada asfaltata, dove freschi turisti scendevamo da pulmini e auto che li avevamo trasportati fino all’ingresso del palazzo. Noi, sconvolti come se avessimo finito una maratona, avevamo invece cercato di darci una sistemata nei bagni all’ingresso del giardino a ridosso del palazzo e ci eravamo ripresi quanto bastava per iniziare la visita.
Oggettivamente il Palacio Nacional da Pena sembra uscito da una fiaba, arroccato su un ventoso colle e strutturato in un mix di stili architettonici e accesi colori.
Fatto costruire nel XIX secolo per volere del Re Ferdinando II, è anticipato da un articolato giardino all’inglese. Personalmente, però, all’interno mi risultava troppo artificioso e non trasmetteva particolari emozioni. Assolutamente originale l’esterno, non lo metto in dubbio, ma gli interni non erano riusciti a catturare la mia curiosità.
Scesi sempre a piedi facevamo in tempo ad arrivare con ancora un filo di luce a Cabo da Roca, quindi avevamo preso il pullman e raggiunto questa scogliera che sembra guardare verso l’infinito. Sul promontorio il vento soffiava così forte che sembrava portarci via, ma rendeva ancora più autorevole quel luogo che era il punto in cui i lusitani storicamente venivano ad adorare la luna. Lì si trova anche il primo faro costruito in Portogallo ed era stato avvincente osservare l’oceano dal quel punto così privilegiato.
Ripreso il pullman verso Sintra eravamo convinti di riuscire a prendere subito il treno per tornare a Lisbona, senza aspettare un’ora per quello successivo… ma una tenera turista che ci precedeva, particolarmente nemica della tecnologia, ci aveva messo così tanto alla macchina automatica dei biglietti da farci vedere le porte del treno chiudersi davanti a noi. Quindi, dopo una breve passeggiata serale per il centro di Sintra ci eravamo seduti sul treno successivo per Lisbona.
Dopo esserci trascinati in un ristorante nella stessa strada del nostro hotel, eravamo tornati al caldo della nostra stanza; e intendo davvero tanto caldo in quanto la gentilissima addetta dello staff, avendo il timore che potessimo sentire freddo, entrambi i giorni nel pomeriggio veniva a mettere a palla il condizionatore a 30 gradi; ma era così gentile e sorridente quando ci diceva che ci aveva fatto trovare la stanza calda che non ce l’eravamo sentita di dirle di non farlo. Comunque, ritrovata una temperatura normale eravamo crollati in un sonno profondo e la mattina dopo un ultimo giro in centro eravamo ripartiti per l’Italia.
Al nostro atterraggio, ovviamente, c’erano i nostri fedeli amici lombardi ad attenderci: freddo e nebbia.
E, appena atterrati, mi ero ricordato di quanto amo il caldo!
Dopo le ultime due puntate, dedicate a viaggi in capitali europee, tra due settimane vi riporto in Italia, in un piccolo borgo che è un vero gioiello nel cuore dell’Umbria: la splendida Spello, dove si trova anche un museo con alcuni dei mosaici meglio conservati in Italia.
A presto!
“Avevamo passeggiato per Baixa arrivando fino al mare..”.
Al massimo siete arrivati al fiume. Non è mare quello. A meno che non avete camminato per 7 km almeno!
Tecnicamente, arrivando alla Torre di Belém e guardando l’orizzonte si vede il punto dove il fiume confluisce nel mare.
Volevo intendere questo con la mia frase.