Come sapete, se avete ascoltato la puntata dedicata alle Cappelle Medicee, la città che più amo in Italia, anzi, probabilmente al mondo, è Firenze.
E, con curiosità, vi faccio queste domande:
Quale luogo avete visto e vi è rimasto nel cuore, oppure non conoscete e vorreste visitare di Firenze?
O cosa vi piacerebbe rivedere che magari avevate osservato con poca attenzione?
O ancora, perché no, cosa vorreste assaporare delle pietanze tipiche della città toscana?
Io intanto, questa domanda l’ho posta ad una persona che già conoscete. Uno dei membri del BerTour, che è anche professore all’Istituto Luigi Casale di Vigevano, dove sono stato invitato a tenere una lezione per alcuni suoi alunni su come si realizzano i podcast.
E nella puntata potete ascoltare le loro risposte
Per mesi, nel periodo del mio stage nell’ufficio comunicazione dei Musei del Bargello, ho girato in lungo e in largo la città, di giorno e di notte. E spesso, comunque, torno a farle visita.
Ora, se vi va, ci tuffiamo nei miei ricordi, per descrivervi i luoghi che maggiormente frequentavo durante le mie giornate fiorentine.
Il primo capolavoro che ogni mattina appariva ai miei occhi era la chiesa di Santa Maria Novella. Ed era un ottimo modo per iniziare le giornate.
Tutte le mattine con il treno arrivavo da Pisa a Firenze e a piedi coprivo la breve distanza fino a Palazzo Davanzati, dove si trovava l’ufficio comunicazione dei Musei del Bargello, mia principale base operativa per circa sei mesi.
Ho sempre trovato rigenerante e stimolante iniziare le giornate passeggiando tra luoghi d’arte. E iniziare con una delle più importanti chiese fiorentine mi dava sempre un pieno di energie mentali.
Tra l’altro, Santa Maria Novella andavo spesso a visitarla anche al suo interno per un’opera in particolare. Quella che forse più di tutte segna davvero, secondo me l’inizio del Rinascimento:
La Trinità di Masaccio.
Lo so, gli storici dell’arte diranno che solitamente il primo posto del podio come “opera che segna l’inizio del Rinascimento” spetta alla formella bronzea del Brunelleschi con il Sacrificio di Isacco realizzata per il concorso del 1401 per la porta nord del Battistero di Firenze; Ma, in fondo, anche nella Trinità si può riscontrare l’influsso brunelleschiano dei suoi studi sulla prospettiva. Il complesso disegno della volta a botte presente nell’affreco è chiaramente un elogio all’importanza delle regole prospettiche.
Dopotutto Masaccio e l’ideatore della cupola del Duomo si conoscevano bene. E in quel periodo Firenze era probabilmente la città dove i più grandi artisti si confrontavano, si ammiravano, si sfidavano e, quindi, si influenzavano reciprocamente.
Per raggiungere Palazzo Davanzati attraversavo spesso il cortile di Palazzo Strozzi, che come tutti sapete è uno dei palazzi rinascimentali più noti della città, specialmente per le sue mostre di livello internazionale.
A proposito: è da poco iniziata la mostra in collaborazione con il Museo del Bargello dedicata al grande Donatello… non potete assolutamente perdervela!
Palazzo Davanzati è meno celebre rispetto ad altri edifici fiorentini, ma non ha nulla da invidiare a nessuno di essi. È un puro esempio di dimora nobiliare trecentesca di proprietà dei Davizzi, famiglia di mercanti e banchieri, anche se prende il nome dalla famiglia che acquistò l’edifico nel 1578 e trova principalmente negli affreschi di alcune stanze come la Sala dei Pavoni, la Sala dei Pappagalli o la Camera da letto, dedicata alla leggenda della Castellana di Vergy, opere di pregiato livello artistico.
L’ultimo piano, poi, chiuso al pubblico ma sede degli uffici, trovava nell’altana il mio posto preferito del Palazzo. Passavo spesso del tempo da solo lì a osservare Firenze dall’alto. A sentire i suoi rumori. Con un occhio sempre rivolto sulla cupola delle mie amate Cappelle Medicee.
Ovviamente mi capitava di andare anche nelle altre sedi dei Musei del Bargello, come Casa Martelli, le più volte citate Capelle Medicee e la magnifica Chiesa di Orsanmichele, edificio nato inizialmente come mercato per il grano nel cuore della città e diventato poi chiesa delle antiche arti e corporazioni fiorentine, con al suo interno statue di artisti come il Verrocchio, Donatello e molti altri; ma nessuna poteva battere per prestigio la sede principale: il Bargello.
Prima di arrivarci, però, a volte mi fermavo a vedere cosa proponevano di gustoso le simpatiche proprietarie del Cernacchino, piccolo locale con pietanze tipiche toscane che cambiavano ogni giorno.
Se era pieno o c’era troppa coda, attraversavo Piazza della Signoria e raggiungevo il Budellino, altro locale dai tipici sapori fiorentini, dopo aver scavalcato la fila che nella stessa strada, Via dei Neri, si trovava per tutte le persone in attesa di mangiare le squisite schiacciate dell’Antico Vinaio.
In realtà, accennando a Piazza della Signoria, non posso non parlare di alcune tra le mie opere preferite della città!
Una è proprio sotto la Loggia dei Lanzi: il Perseo con la testa di Medusa di Benvenuto Cellini, scultura in bronzo estremamente energica che mi colpisce ogni volta, pur non essendo un amante dell’arte manierista.
All’interno di Palazzo Vecchio, invece, resto ancora oggi ogni volta a bocca aperta per tre motivi: l’imponenza del Salone dei Cinquecento, i dettagli delle 53 mappe presenti nella Stanza delle carte geografiche e infine il panorama unico che si può ammirare in cima alla Torre. Solitamente i turisti salgono sulla torre di Giotto o la cupola brunelleschiana di Santa Maria del Fiore, ma da qui, secondo me, il panorama è ancora migliore! Anche solo per il fatto che in questo modo è appunto possibile vedere la struttura architettonica della chiesa più celebre di Firenze in tutta la sua bellezza.
Del Salone dei Cinquecento è anche importante ricordare che è stato la location in cui per un breve periodo lavorarono praticamente affiancati Leonardo e Michelangelo: è famosa infatti la storia delle immense opere non finite dai due artisti toscani, la Battaglia di Anghiari e la Battaglia di Cascina, alle quali mise poi una pezza quel genio assoluto, e a volte sottovalutato, del Vasari realizzando nuovi dipinti e modificando anche la struttura architettonica della sala.
Ah, non dimenticate di dare un saluto a Dante, passando davanti alla sua celebre maschera di cera presente nel Palazzo.
Ma torniamo al Bargello.
Potrei fare una puntata solo su questo Museo, tra i più importanti al mondo per la sua collezione di statue medievali, rinascimentali, manieriste e barocche.
Mi limiterò però a ricordare che il suo simbolo è la prima scultura a tutto tondo di un nudo dopo le opere dell’arte antica greca e romana: il David in bronzo di Donatello, sublime scultura che diede lo slancio a un nuovo approccio verso questo tipo di tecnica artistica, che raggiunse le sue vette più alte con Michelangelo.
Unendo i nomi David e Michelangelo a Firenze devo menzionare per forza la scultura conservata alla Galleria dell’Accademia. Anche se del divino artista, io nella stessa Galleria dell’accademia ogni volta mi soffermavo di più ad ammirare i quattro “prigioni”, opere non finite, nel classico stile michelangiolesco… eppure al contempo così perfette, potenti, vive.
Che poi, sempre al Bargello merita anche uno sguardo la giovanile opera del Bacco che faceva presagire cosa sarebbe diventato Michelangelo negli anni seguenti. Oppure la struggente Pietà del Museo dell’Opera del Duomo, ben diversa da quella presente a San Pietro in Vaticano, deve assolutamente essere vista perché esprime uno dei periodi di maggiore irrequietezza nell’animo dell’artista.
Al termine delle mie giornate lavorative mi piaceva passeggiare oltrarno e rilassarmi con un calice di vino: passavo davanti a Palazzo Pitti e, girando in Sdrucciolo de Pitti e proseguendo in via dei Michelozzi raggiungevo Piazza Santo Spirito, con la facciata della chiesa omonima posta quasi a controllo dei numerosi locali della piazza.
Se volevo farmi prendere dal romanticismo invece mi incamminavo fino a San Miniato al Monte, una delle più antiche e suggestive chiese di Firenze e da piazzale Michelangelo guardavo tramontare il sole sulla Culla del Rinascimento.
In tutto ciò non vi ho ancora parlato del luogo dove il mio amore per Firenze raggiunge le vette più alte.
Perché, se è vero che le Cappelle Medicee sono l’opera architettonica che più mi affascina, quella che sento più mia, anche perché è il primo ricordo che ho di Firenze quando da piccolo per la prima volta mi avevano portato i miei, è Piazza Santa Croce con la sua chiesa, tra le più alte rappresentazioni del gotico in Italia.
E, come ben sapete, davanti alla sua facciata si erge la statua del più importante poeta fiorentino: Dante Alighieri.
Così come dentro a Santa Croce è presente un cenotafio in suo ricordo, oltre ad altri cenotafi e tombe di celebri figure storiche come Michelangelo, Macchiavelli e Galileo, che rendono la chiesa un vero e proprio Pantheon di nomi illustri della storia.
E, forse ora mi troverete esagerato, io penso di aver capito come dovevano sentirsi artisti, storici, poeti quando passavano davanti a Santa Croce o si sedevano al suo interno. La sua perfezione architettonica sa donare serenità a chi la guarda.
Immagino quindi che già diversi secoli fa riusciva a trasmettere certe emozioni.
Certo, i tempi sono cambiati.
Io, magari, la sera prima cenavo a pochi passi dalla piazza al Vivandiere, caratteristico ristorante dai prodotti freschi e locali e poi mi andavo a sedere sulle panchine della piazza, guardando la chiesa dinnanzi a me. Mi rilassavo scrutando i turisti scattare fotografie o passeggiare. Oppure camminavo io stesso intorno alla piazza e mi avvicinavo al portone alla destra della faccia per guardare la Cappella Pazzi nel chiostro trecentesco, realizzata dal sempre presente Brunelleschi, illuminata da rosse luci serali.
Ancora adesso, che raggiunga la città in treno o in macchina, quando mi capita di restare fino a sera questo è il mio modo per augurare la buonanotte alla città che più di tutte sa ispirarmi, elevarmi, farmi capire che non si può vivere senza l’arte.
Dopotutto, anche Stendhal, parlando di Santa Croce, disse queste parole:
“Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere.”
Io un po’ ci chiacchiero con i monumenti.
Ed è da sempre con Santa Croce che faccio le mie chiacchierate più belle.
Vi avevo promesso che avrei dedicato una puntata a Firenze, e così ho fatto.
Ringrazio ancora tantissimo i ragazzi dell’Istituto Casale di Vigevano e il loro professore, nonché storico membro del BerTour e personaggio cardine di molte puntate di Taste of Art: Giuseppe.
Come vi avevo detto è un periodo un po’ intenso. Ma tranquilli, non mi fermo con le puntante.
Ci sentiamo tra 3 settimane, per raccontarvi del mio primo viaggio in assoluto di diversi anni fa in Nord Africa, a Marrakech.
Ovviamente, immagino avrete già capito con chi avevo fatto questo viaggio.
A presto!