Molti hanno una meta che immaginano sempre come quella del loro prossimo viaggio.
“Ah, la prossima volta che ho un qualche giorno vado lì”.
Inoltre, spesso è una meta relativamente vicina, comode da raggiungere, e che sembra sempre alla nostra portata.
Proprio per questo, però, alla fine diventa costantemente la meta del viaggio successivo. Perché: “ma sì, dai; tanto posso andarci quando voglio”. E alla fine la sua visita viene sempre posticipata a discapito di altre mete.
Restando così, per anni, in attesa.
La mia meta “del prossimo viaggio” è stata per anni il Belgio, per l’esattezza le città di Bruxelles, Bruges e Gand.
Tre città che mi avevano sempre incuriosito e che finalmente un paio d’anni fa sono andato a visitare.
Ma non sono andato da solo, anche qua ho avuto come fedeli compagni di viaggio quattro membri del BerTour, che ormai direi che non è più necessario ribadire di cosa si tratta.
Vi rubo qualche minuto per raccontarvi il nostro viaggio tra storici centri cittadini, musei, locali accattivanti e sfiziosi prodotti tipici.
Era un venerdì di novembre quando insieme a Bert, Alessio, Giuseppe e Roberto, nel primo pomeriggio eravamo partiti da Malpensa verso Bruxelles, capitale del Belgio e fondamentale centro organizzativo dell’Unione Europea.
Giunti con la metro alla stazione di Bruxelles sud, nella zona di Gare du Midi e da lì al nostro hotel, ci eravamo immediatamente fiondati a fare una prima visita serale della città.
La prima impressione, avvicinandoci alla piazza, fu quella di essere in una città molto ordinata e piacevole, vivace, anche se mi aveva dato un po’ da pensare la forte presenza di senza tetto, soprattutto nel percorso tra la stazione e il centro, che dormivano in ripari di fortuna anche non distante da alcune delle strade principali. Gruppi numerosi, a volte intere famiglie, che si vedeva che erano ben organizzati per vivere in quelle condizioni.
A parte questa prima riflessione, poi ci immergemmo con molto piacere nella vita serale di Bruxelles.
In realtà prima di tutto assaporammo quelle pure bombe caloriche dei waffles: dolce tipico belga che, rispetto alle versioni assaggiate in Italia, era totalmente un’altra cosa.
Prediligo il salato, ma devo ammettere che erano estremamente buoni, carichi all’inverosimile di creme e dolci vari d’accompagnamento.
Il cioccolato, quanto era buono il cioccolato fuso sopra! A ripensarci mi viene ancora l’acquolina in bocca.
Passeggiando intanto per il centro cercavamo di smaltire i waffles mentre attraversavamo incantati la Grand Place che ci abbagliava con le luci dei suoi palazzi.
Il Palazzo del Municipio, insieme ad altri come il Museo della Città di Bruxelles, primeggia nella piazza e la sua Torre Inimitabile, oggettivamente un capolavoro unico dell’architettura gotica, dà un motivo in più per farla rientrare giustamente nei siti Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
Il palazzo fu costruito nella prima metà del Quattrocento ma nel 1695 fu bombardato e incendiato dalle truppe francesi. Si salvarono solo la torre e la facciata. Il resto fu ricostruito.
La torre comunque, dall’alto dei suoi 96 metri, si erge a controllo del centro di Bruxelles, sormontata dal gruppo di statue con San Michele e il Diavolo.
Direi che se lo merita tutto il suo nome: davvero inimitabile.
Ci eravamo messi a fare foto da qualsiasi angolazione e vi anticipo che quando ero partito per questo viaggio non mi ero portato la macchina fotografica, perché calcolando i parametri per il bagaglio a mano della compagnia aerea scelta dovevo decidere se portare la macchina o almeno un paio di maglie/maglioni in più visto, il dubbio sulle temperature in quel periodo. In compenso, però, avevo appena cambiato il cellulare, che disponeva di un’ottima fotocamera con il grandangolo e quindi le foto dedicate a questa puntata vedranno in abbondanza questa tipologia di fotografie.
Dopo aver vagato senza una meta specifica e aver aspettato Bert, Alessio e Giuseppe che continuavano a scattare foto alla celebre statua del “Bambino che fa pipì” neanche fosse il David di Michelangelo, Roberto aveva fatto presente che, oltre ai dolci, in Belgio era cosa buona e giusta iniziare anche ad assaggiare della birra; quindi iniziammo a buttare l’occhio su qualche locale che ci ispirasse.
E trovammo una vera chicca:
Il Bonnefooi.
Questo piccolo locale su due piani, ci aveva ispirato perché dalla sua vetrata si vedeva in parte l’interno molto caratteristico con appariscenti lampadari di vetro che scendevano dai soffitti, e ci eravamo accorti che si stava esibendo una cantante che stava coinvolgendo molto il pubblico.
Una volta al suo interno avevamo infatti scoperto che il locale era famoso per promuovere la musica dal vivo e gli artisti emergenti della zona e ci rilassammo con buona musica e birra belga.
Il sabato mattina avevamo deciso di prendere il treno e fermarci a dare un rapido sguardo a due città che ci avevamo da sempre ispirato: Bruges e Gand.
Per prima visitammo Bruges, città il cui centro storico, brulicante di stradine e canali, è inserito nel Patrimonio Unesco.
A prima vista avevo pensato che sembrava una città rimasta ferma nel tempo: la giornata era limpidissima e i colori autunnali degli alberi facevano proprio venir voglia di passeggiare tra i suoi edifici medievali.
Due sono i luoghi che non si possono assolutamente perdere: il primo, notissimo, è la Piazza del Mercato, con la sua Torre Civica che è il simbolo della città e il secondo è la gotica chiesa di Nostra Signora.
Questa chiesa a mio avviso è assolutamente da non perdere non tanto per la sua struttura, ma perché al suo interno è possibile ammirare una commovente opera di Michelangelo: la delicatissima Madonna col Bambino di Bruges; questa scultura in marmo, commissionata ad inizio Cinquecento dalla famiglia fiamminga Mouscron, dalle dimensioni non enormi rispetto a molte delle più celebri opere dell’artista, sa catalizzare l’attenzione di chi l’osserva.
L’opera fu rubata dai nazisti e ritrovata in Austria in una miniera dagli alleati, che la riconsegnarono al Belgio. E ora la potete trovare ad aspettarvi per essere ammirata in tutta la sua bellezza.
Comunque, vedere opere d’arte è fondamentale in viaggio, ma il camminare fa venire fame.
A Roberto particolarmente, infatti verso le 13:00 iniziava realmente a brontolare per quanto era affamato.
Solo quando ci sedemmo in un locale molto carino ad assaggiare uno dei piatti tipici del Belgio, una specie di impepata di cozze sfumate con birra (ovviamente accompagnate da patatine fritte), e sorseggiato della rinfrescante birra, finalmente il suo animo, e soprattutto il suo stomaco, furono in pace!
Terminato il nostro giro del centro di Bruges avevamo ripreso il treno, che nel suo tragitto di ritorno verso Bruxelles si fermava anche a Gand.
Sapevamo, visto l’orario, che non saremmo riusciti a entrare dentro a nessun monumento, ma volevamo dare almeno un’occhiata alla città.
Fu un’ottima idea, perché la vedemmo con il calare del sole, illuminata solo dalle luci della città e dei locali, e ciò la rese davvero spettacolare.
Passeggiammo sul Graslei, una delle rive che costeggia il fiume Leie che attraversa il centro di Gand, e davvero mi innamorai degli edifici dalle linee gotiche di questa splendida città.
Il tempo era poco ma… potevano non prenderci un dolce in una delle invitanti pasticcerie che sembravano essere lì proprio per soddisfare le nostre papille gustative? Ovviamente no.
Mentre ero seduto ad assaporare la mia torta e guardare dalla finestra la gente passeggiare serena davanti al solenne Castello dei Conti di Fiandra promisi a me stesso che sarei tornato a vedere Gand con più calma.
Rientrati a Bruxelles e cenato in centro eravamo poi crollati in appartamento, perché la domenica sarebbe stata dedicata alla visita dei musei e dei monumenti della capitale belga.
Prima di tutto la mattina seguente ci eravamo fatti ammagliare dalle colorate vetrate della Concattedrale di San Michele e Santa Gudula e poi, tra un momento di attesa e l’altro in cui Roberto prendeva e utilizzava per poche centinaia di metri i monopattini che si potevano noleggiare temporaneamente tramite app sparsi per la città giusto perchè ormai l’app l’aveva scaricata e andava provata, eravamo giunti al Museo delle Belle Arti del Belgio di Bruxelles, dove attendevo di vedere dal vivo un’opera su tutte.
Avete capito di quale sto parlando?
Il mio desiderio era osservare dal vivo “La Morte di Marat” di Jacques-Louis David.
Questo quadro mi aveva da sempre affascinato, ogni volta che lo trovavo su qualche libro di storia dell’arte mi fermavo a osservalo con estrema attenzione.
E fu così anche dentro al museo.
Non riuscivo a smettere di esaminare tutti i dettagli della tela, per cercare di imprimerli il più possibile nella mia mente: David studiò dal vivo la maschera mortuaria di questo protagonista della Rivoluzione Francese per regalare un ricordo di lui il più veritiero possibile.
Marat, come ben sapete, fu assassinato ma nella scesa non si vede Charlotte Corday, la sua carnefice.
Quello che bisogna osservare per capire cosa è successo sono i minuziosi indizi presenti nel dipinto.
Potete vedere un coltello a terra, alcuni fogli, un calamaio, la penna e la vasca sporca di sangue. L’artista ha inserito volontariamente alcuni oggetti che non mostrassero semplicemente la morte del giornalista, ma che rendessero quell’evento un simbolo della Rivoluzione e dello spessore morale di quell’uomo.
Nella mano appoggiata sulla vasca, Marat inoltre ha una lettera dove si legge il nome di Charlotte. L’assassina non è presente nella scena, ma c’è comunque.
Dovettero quasi portarmi via di peso gli altri, perché ero letteralmente ipnotizzato dall’opera.
Ovviamente dopo non potevamo non fare un salto a vedere il quartiere dove ha sede il Parlamento Europeo perché, anche se ufficialmente la sua sede principale si trova a Strasburgo, nella realtà dei fatti molte delle attività delle commissioni parlamentari si svolgono a Bruxelles.
Questa zona era particolarmente ordinata e piacevole da attraversare, ma si sa, difficilmente i politici si trattano male. Dava un senso di istituzionalità, ovviamente. Sicuramente era uno dei quartieri più elitari della città.
Mancava poco al nostro rientro in aeroporto per tornare in Italia, ma un rapidissimo sguardo all’Atomium, una delle icone di Bruxelles non poteva ovviamente mancare.
Per chi non sapesse di cosa sto parlando l’Atomium è una costruzione in acciaio che rappresenta i 9 atomi di una cella unitaria di un cristallo di ferro: un riferimento alle scienze e agli usi dell’atomo che si trova nel parco Heysel.
Fu costruito in occasione dell’Expo 1958, progettato dall’architetto André Waterkeyn.
Non era esattamente il tipo di architettura in grado di smuovere in me particolari emozioni ma non nego che sarebbe stato bello salire al suo interno, anche solo per poter vedere il panorama.
Ma il tempo scarseggiava ed era il momento di tornare.
Mi sembra però di avervi fatto capire che sono molti i motivi per fare un salto in Belgio tra le sue città… io ne ho accennati solo alcuni!
Per quel che mi riguarda, infatti, è solo un arrivederci.
Ho un conto in sospeso con Gand!
Con questa puntata sulle città visitate in Belgio vi informo che mi prendo una breve pausa estiva.
Ma solo perché, fortunatamente, qualche giretto italiano (che ovviamente poi vi racconterò nelle prossime puntate) riuscirò a farlo in queste settimane.
Inoltre inizierò a pianificare e preparare le prossime puntate… ho ancora molto da dirvi!
Seguite però le pagine social, perché non scomparirò!
Ci risentiamo il 10 settembre con una delle mie città preferite in assoluto: Istanbul! Ovviamente vista con quei pazzi dei miei compagni del BerTour.
E vi assicuro che non potete perdervela!
Vi aspetto a settembre, buone vacanze a tutti!