Ci eravamo lasciati mentre nei Quartieri Spagnoli di Napoli, non so ancora esattamente spinto da quale istinto suicida (e omicida), avevo proposto a Valeriya di raggiungere a piedi la Certosa di San Martino, da lì continuare a passeggiare verso il Vomero e infine raggiungere Posillipo per ammirare Napoli dall’alto.
Ancora adesso, mentre ci ripenso, mi chiedo se a volte, più che in viaggio, penso di essere nel bel mezzo di una preparazione atletica per competere in qualche sport.
Sta di fatto che ci eravamo incamminati e dopo poco Valeriya aveva capito di aver commesso un grave errore ad affidarsi ai miei calcoli per continuare a visitare Napoli in quella giornata.
Inoltre, alla fine, non era valsa neanche la pena di quella sfacchinata,
Facciamo così: riprendo il racconto del viaggio a Napoli e dintorni così vi spiego meglio!
A metà della salita per la Certosa Valeriya stava rivivendo i ricordi della nostra scarpinata al Palazzo Nacional da Pena di Sintra (chi ha ascoltato la puntata su Lisbona saprà esattamente a cosa mi riferisco) e il suo sguardo nei miei confronti si faceva sempre meno tenero.
Sguardo che per entrambi era poi diventato sconsolato una volta raggiunta la nostra meta, in quanto la certosa era chiusa per la presenza di una trupe cinematografica che in quei giorni stava proprio realizzando lì alcune scene di un film.
Tanta fatica per nulla!
Provati dalla salita avevamo allora attraversato il Vomero, quartiere ordinato ed elegante della città dove tra l’altro è possibile passeggiare tra alcuni dei più begli esempi di architettura Liberty presenti in città, ed ero convinto che, essendo già in alto rispetto al livello del mare, non saremmo dovuti ridiscendere verso il lungomare per raggiungere il punto panoramico.
Altro calcolo sbagliato.
Seguendo le indicazioni di google maps avevamo capito che per raggiungere Posillipo non c’era altro verso che ridiscendere, per poi risalire di nuovo!
Valeriya ormai si trascinava per inerzia e io ero probabilmente affetto da qualche sadico delirio di masochismo
Però alla fine la vista del golfo da Posillipo era stata pura poesia. Probabilmente per questo, dopo esserci fermati in un bar a sorseggiare qualcosa per riprendere un po’ di energie, Valeriya aveva deciso di non buttarmi giù dal punto panoramico.
Ridiscesi e percorso tutto il lungo mare con calma (quel giorno avevamo fatto la bellezza di quasi 35 mila passi e 52 piani saliti, stando al mio contapassi sul cellulare) avevamo trovato ristoro in uno dei locali dei quartieri spagnoli, la Trattoria Speranzella, dove grazie alle loro paste con le vongole per me, e alla Nerano per Valeriya avevamo recuperato le ultime energie per raggiungere la nostra stanza e far riposare le nostre gambe distrutte.
Gambe che però non avevano avuto pace neanche la mattina seguente in quanto, sempre a piedi, avevamo raggiunto la magnifica Reggia di Capodimonte (ovviamente in salita rispetto al nostro alloggio) con il celebre museo ospitato nelle sue stanze, per contemplare le sue straordinarie opere, tra le quali spiccano ad esempio il Ritratto di Paolo III Farnese e la Danae di Tiziano, Il Ritratto di giovane donna (tradizionalmente noto come Antea) del Parmigianino, La Crocifissione di Masaccio, la Trasfigurazione di Cristo di Giovanni Bellini e la Flagellazione di Caravaggio. Sicuramente capolavori imperdibili, peccato che non li avevamo potuti vedere! Perché fino all’8 gennaio 2024 si troveranno al Museo del Louvre per una mostra!
Per il nervoso dissi a Valeriya che piuttosto saremmo andati a quel punto fino a Parigi per vederle. E infatti così sarà! Ma di questo vi dico di più alla fine della puntata.
Comunque la Reggia e il suo parco, anche se con meno opere da osservare rispetto al solito, avevano assolutamente meritato il nostro tempo.
Certo, un po’ di delusione c’era stata, ma avevamo ancora tanto da vedere e, dopo aver attraversato il cuore del Rione Sanità, esperienza che avremmo potuto evitare in quanto la nostra presenza non era passata inosservata dai poco socievoli abitanti della zona, ci eravamo consolati con un buon cuoppo fritto a poca distanza dal Palazzo dello Spagnolo, celebre architettura in stile barocco napoletano che spesso capita di vedere in film girati a Napoli.
Raggiunta quasi la fine del Rione Sanità avevamo deciso di vistare la mostra permanente di Jago, nel museo-laboratorio che prende il suo nome, posto all’interno della Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi.
Ammetto che non conoscevo l’arte di questo eclettico e abilissimo giovane scultore italiano, pur avendo già più volte sentito il suo nome, ma ne sono rimasto ammaliato e affascinato. La sua capacità di rappresentare il corpo e i sentimenti umani attraverso la scultura è davvero eccezionale. Non credo di esagerare se dico che questo è sicuramente uno dei musei più importanti da visitare a Napoli. Inoltre è gestito da una associazione di giovani ragazzi del Rione che voglio distaccarsi dal lato “illegale” e malfamato di questo quartiere, dandosi nuove possibilità lavorative e di crescita all’interno della città che amano.
Motivo in più a mio avviso per farci un salto.
Dopo aver visto il Museo d’arte contemporanea Madre che, forse anche perché ancora estasiato dalle opere di Jago, non mi aveva dato grandi emozioni e il Duomo di Napoli, noto per la presenza del sangue di San Gennaro (ma troppo barocco al suo interno per i miei gusti) avevamo potuto gustare la vera opera d’arte di quella giornata: la pizza dei Ciro Salvo nel suo ristornate 50 Kalò, situato verso la fine del lungomare.
Mi raccomando, andate presto! Perché noi eravamo arrivati alle 19 e avevamo fatto appena in tempo a trovare due posti prima che si iniziasse a formare la coda al suo esterno. Coda assolutamente meritata per la bontà culinaria che offriva e la qualità dei prodotti utilizzati per le pizze proposte.
Solo a ripensarci mi viene subito fame.
La passeggiata di ritorno sul lungomare stava diventando per noi ormai un rito giornaliero. E guardare il tramonto dal golfo di Napoli era effettivamente come guardare un’opera d’arte.
Il nostro quarto giorno avevamo deciso di dedicarlo alla Reggia di Caserta.
Raggiunta in treno la città ci eravamo addentrati nei cortili della Reggia.
Calcolate che la parte all’aperto, alle spalle dell’imponente palazzo è davvero enorme, infatti è possibile anche noleggiare delle biciclette per muoversi più rapidamente.
Ma, secondo voi, noi potevamo pensare di non portare anche in questa giornata i nostri piedi allo stremo?
Ovviamente no!
Infatti, avevamo iniziato a esplorare tutti i suoi eleganti giardini, per me il vero fiore all’occhiello di questo luogo patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, restando ovviamente a bocca aperta al cospetto di ognuna delle sue immense fontane, soprattutto davanti all’ultima, quella dedicata al mito di Diana e Atteone.
Tornati verso la Reggia (a circa tre kilometri dalla fontana appena citata) avevamo anche visitato i suoi interni, di una bellezza che forse si può ritrovare in ben poche altre strutture del suo genere, ma che principalmente aveva attirato la nostra attenzione per il suo scalone di ingresso e il Vestibolo Superiore che introduce alle stanze al primo piano. La ricchezza dei marmi utilizzati per la loro realizzazione e il moto creato dall’alternarsi di archi, volte e colonne che culminano nella cupola centrale sono notevoli.
Il nostro ultimo giorno intero da passare in terra campana lo avevamo aperto raggiungendo Pompei, perché avevo un conto aperto con la Villa dei Misteri… conto che purtroppo non ho potuto chiudere del tutto anche questa volta.
Non vado nel dettaglio dei famosi scavi archeologici della città, perché a loro ho già dedicato una precedente puntata legata a una mia visita dettagliata al famoso sito archeologico. In quell’occasione non avevo potuto visitare all’interno la villa e i suoi affreschi, probabilmente i più straordinari tra tutti quelli presenti a Pompei, in quanto erano in pieno restauro.
A distanza di diversi anni sapevo che era stata riaperta al pubblico e avevo convinto Valeriya, restia a vedere il parco archeologico non tanto per il luogo in sé ma perché non la faceva impazzire l’idea di finire in pieno agosto sotto il sole a girare in un luogo dove le zone d’ombra scarseggiavano, a fare un giro generale del parco, senza soffermarci su ogni dettaglio, con la meta finale precisa di vedere però finalmente l’interno della villa da vicino.
Ecco, dopo un paio d’ore in cui avevamo visitato tutto ciò che assolutamente non va perso a Pompei avevamo raggiunto la villa e tranne per un unico ambiente il resto era stato nuovamente chiuso per alcuni nuovi lavori dediti ad una miglior fruizione del percorso di visita.
Ammetto che non avevo ricontrollato nei giorni precedenti al nostro arrivo se fosse totalmente visitabile, ma ero andato sul sicuro.
Forse, un giorno, farò un terzo tentativo e finalmente vi parlerò in dettaglio degli affreschi della villa dei misteri. Anche perché, il poco che avevo potuto vedere questa volta, mi aveva fatto comprendere quanto mi stavo perdendo. Una ricchezza di immagini, dettagli e colori così ben conservati a quasi 2000 anni di distanza non è visibile da nessuna altra parte al mondo.
Visitato anche il santuario della madonna di Pompei che, pur essendo un puro elogio del barocco devo confermare che rapisce chi entra e ne osserva la struttura, avevamo deciso di affogare il mio dispiacere per la delusione pompeana (Valeriya, a parte tutto, non avendo mai visto Pompei ne era rimasta soddisfatta a prescindere dalla Villa dei Misteri) mangiando la nostra ultima pizza in quella che si definisce la pizzeria più antica di Napoli: la Antichissima Pizzeria Port’Alba 1738.
Ora, in quei giorni ne abbiamo viste di pizzerie che si fregiavano dell’appellativo di “più antica di Napoli”. Quindi l’affermazione va presa con le pinze…Però a prescindere mi sento di consigliarvela!
Ovviamente non potevamo chiudere la nostra ultima sera senza una finale passeggiata sul lungomare… ma, perché non farlo tutto fino alla fine e ritorno alla ricerca delle bancarelle dove vendevano le maglie di calcio del Napoli che tutti i giorni avevamo visto addosso a chiunque in città e volevamo quindi averle anche noi come ricordo?
Giuro che questa volta la malsana idea era stata di Valeriya e non mia!
Risultato finale: magliette prese e 40.000 passi superati!
La nostra ultima mattina l’avevamo passata alla sede napoletana delle Gallerie d’Italia, che non dovete perdervi assolutamente in primis per il “Martirio di Sant’Orsola”, intensa opera del Caravaggio, e per l’ottimo allestimento della collezione archeologica.
Per concludere ero riuscito finalmente a mangiare una vera pizza fritta, degna di questo nome, da Sorbillo in via Toledo, con Valeriya che rideva guardandomi perché la mia voracità batteva la sofferenza per le continue ustioni che sentivo mangiando quella pura squisitezza napoletana.
Guardando infine insieme dal lungomare per un’ultima volta il golfo con il mare e il Vesuvio a controllarlo potevamo solo pensare che:
“Vedi Napoli e poi… ti senti vivo!”
Fine della seconda parte dedicata a Napoli.
Ora mi prendo un attimo di pausa, perché il prossimo week end andrò con i miei amici del BerTour alla scoperta di Dublino, mentre nei giorni intorno a Capodanno Valeriya ed io saremo a Parigi e, tra le altre cose, andando al Louvre faremo in modo di vedere le opere che ci sono sfuggite a Capodimonte.
Dunque vi aspetto, se vorrete, venerdì 9 Febbraio per parlarvi di Dublino!
Grazie e a presto!