Puntata 32 – Bath e Stonehenge

Come vi ho detto nelle precedenti puntate, il viaggio mio e di Stefano nel Regno Unito si era diviso tra la Scozia, di cui ho terminato il racconto, e l’Inghilterra. Le nostre mete inglesi erano state principalmente Bath e Stonehenge, con un rapido giro finale giro a Londra.

Ai tempi dell’organizzazione del viaggio, nei nostri piani il percorso da Inverness a Bath non sarebbe stato molto complicato: un breve volo fino a Bristol e da lì in treno in una ventina di minuti avremmo raggiunto la vivace città universitaria, nota anche per le sue antiche terme romane, che sarebbe stata la nostra base per andare a visitare anche la leggendaria Stonehenge, grazie all’efficiente trasporto ferroviario britannico.

Ma i nostri piani erano stati stravolti.

Volete sapere come? Aspettate la fine della sigla e vi dico tutto!

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Lunedì 26 luglio, alle 4 e 30 del mattino, un taxi ci stava trasportando dal nostro appartamento di Inverness all’aeroporto della città e nelle nostre teste pensavamo a quanto sarebbe stato tutto più riposante se il volo che avevamo in realtà prenotato in origine, con partenza alle 11 del mattino, non fosse stato annullato neanche 30 giorni prima del nostro viaggio, costringendoci a trovare una soluzione alternativa per arrivare a Bath.

 

Infatti avevamo dovuto optare per un volo diretto nuovamente a Gatwick, Londra, e per raggiungere la meta finale avremmo dovuto prendere la metro dall’aeroporto alla stazione di London Victoria, da lì sempre in metro raggiungere quella di Paddington, e infine prendere un treno diretto a Bath.

Peccato che il giorno seguente, il 27, era stato fissato un imponente sciopero delle linee ferroviarie dello Stato (cosa che ci creò non pochi problemi anche con Stonehenge, ma vi spiego dopo) e anche nei giorni precedenti e successivi a quella data erano previsti disagi sulle linee.

Insomma, senza farla troppo lunga vi dico solo che tra rallentamenti, l’attesa per treni in ritardo o soppressi e una passeggiata totalmente a caso nell’Hyde Park di Londra per far passare il tempo, eravamo arrivati finalmente a Bath alle 14:30 del pomeriggio.

Ci eravamo poi diretti al nostro ostello, il St. Christopher’s Inn, che dalle recensioni online pareva essere il migliore della città… Ecco, pareva e basta!

Per carità, ora magari prediligo altro genere di sistemazioni rispetto a quando avevo 20 anni, e la mia percezione della pulizia e della comodità è cambiata, ma vi assicuro che sono uno che sa adeguarsi alle situazioni, Stefano anche più di me, e davvero penso di parlare anche a nome suo dicendovi di lasciar stare l’idea di alloggiare in questo ostello a Bath.

Per darvi un minimo d’idea: i bianchi asciugamani che si potevano affittare parevano non essere neanche passati attraverso una lavatrice, l’ostello aveva al piano terra un pub, che però non vendeva acqua (ma ci può anche stare in quelle zone) e non possedeva neanche distributori o altro vicino alle stanze per bere qualcosa di più dissetante degli alcolici e, soprattutto, l’idea di pulire i bagni almeno una volta al giorno non era minimamente contemplata.

Principalmente quest’ultimo dettaglio mi aveva abbastanza lasciato perplesso. Perplessità che però a quanto pareva non tangeva minimamente ad esempio il surfista australiano che in mutande a piedi nudi passeggiava con disinvoltura sul pavimento di quel bagno.

Comunque, depositati gli zaini nella stanza avevamo iniziato subito a gironzolare per la città, dichiarata nel 2021 patrimonio Unesco nel gruppo delle Grandi città termali d’Europa.

Ci aspettavamo una città viva, essendo anche centro universitario, ma essendo per giunta capitati lì a nostra insaputa proprio nei giorni delle proclamazioni delle lauree avevamo trovato una città praticamente tutta in festa, piena di studenti felici e allegri e delle loro famiglie intente a festeggiarli.

Ci eravamo subito diretti all’Abbazia di Bath, antico monastero benedettino pregevole esempio di stile gotico perpendicolare che mi aveva colpito principalmente per la sua luminosità, dovuta alle grandi vetrate e alla sua chiara e slanciata struttura interna.

Usciti avevamo poi costeggiato a piedi il fiume Avon, anche perché la giornata era calda e soleggiata e invitava proprio a fare lunghe passeggiate guardando ogni piccolo dettaglio di questa curata città.

Avevamo attraversato il ponte Pulteney, opera di fine Settecento in stile palladiano dove si trovano alcuni dei più famosi negozi di Bath, dopo aver prima scorto il famoso complesso residenziale denominato Circus, noto esempio di architettura georgiana che prende il nome dalla sua caratteristica forma circolare. Poco più avanti a questa struttura è possibile, per gli amanti dell’architettura, ammirare anche il Royal Crescent, altro imponente centro residenziale che con la sua forma a mezzaluna si sostiene volesse ricordare dei simboli legati alla massoneria, essendo i suoi architetti, i Wood padre e figlio, interessati appunto alla massoneria e all’occulto.

Io e Stefano però eravamo attratti in quel momento più dai dolcetti delle pasticcerie presenti sul ponte e dopo averlo superato e oltrepassato anche parte dei Giardini Sydney eravamo capitati, a furia di muoverci totalmente senza una meta, davanti a un pub, il Barley Mow che aveva attirato la nostra attenzione per lo stile proprio da autentico pub inglese con la presenza perfino delle uova in salamoia dietro al bancone, cosa decisamente retrò (gli amanti dei Simpson avranno in mente il bar di Boe). Le sue birre e la tranquillità del posto, però, meritavano.

Dopo un paio di soste per assaggiare pietanze etniche take away e sorseggiare ancora un paio di Ale in caratteristici pub eravamo infine tornati nei nostri accoglientissimi letti, perché la sveglia suonata alle quattro del mattino stava iniziando a pesare sulle nostre palpebre, e poi il giorno dopo volevamo essere freschi e carichi per Stonehenge!

Quando avevamo pianificato la visita a Stonehenge, uno dei siti archeologici più iconici del mondo, avevamo visto che in treno da Bath ci volevano circa 50 minuti a raggiungere la città ad esso più vicina, Salisbury, e da lì con pullman in una ventina di minuti si raggiungeva l’ingresso al centro visitatori del sito.

Però, come già vi ho detto, nei giorni in cui effettivamente ci trovavamo in Inghilterra c’era stato un massiccio e prolungato sciopero dei lavoratori del trasporto ferroviario e esattamente quel giorno, il 27 luglio, lo sciopero raggiunse il massimo dei disagi con moltissime linee soppresse. Scontato che tra i tratti non serviti c’era anche quello che ci avrebbe dovuto portare a Stonehenge.

Avevamo quindi cercato e trovato un Uber, che non proprio economicamente in circa un’ora ci aveva portato alle porte dell’antico sito megalitico.

In realtà dall’ingresso del parco di Stonehenge al punto esatto dove si trovano i megaliti veri e propri ci sono circa 2 km di distanza, percorribili a piedi (come avevamo fatto noi) o con navette.

Avevamo prenotato i biglietti ed eravamo arrivati per l’orario di apertura, quindi c’era gente ma non ancora troppo caos e raggiunto il sito archeologico, avevamo potuto lasciarci catturare discreta calma dalla particolarità di quegli enormi massi, che forse a primo impatto potrebbero non scaldare gli animi, ma prendendovi un attimo di tempo a girarci intorno, a osservare il verde paesaggio dove sono stati posti e a guardare i corvi e gli altri uccelli che si posano sopra o intorno ad essi, quasi a protezione e a controllo che nessuno li tocchi, vi assicuro che potrete respirare un’aria di magia.

Da anni non è più possibile, tranne che in pochi, determinati, eventi, passare all’interno del cerchio di massi. Però comunque ci si può avvicinare abbastanza da comprendere la loro imponente mole.

Come probabilmente molti di voi già sapranno, il celebre cerchio megalitico risalente a circa 4.600 anni fa è stato, ed è ancora oggi, uno dei più affascinanti misteri dell’archeologia, in quanto si possono solo far supposizioni sul reale scopo per cui fu realizzato.

Sito funerario? Luogo di preghiera o di celebrazioni e festività?

Non è facile a dirsi.

E dei materiali di questo sito inserito nel Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO non si ha totale certezza sulla provenienza. Parte delle pietre sono locali: quelle in arenaria, infatti, dovrebbero provenire da West Wood, non lontano dal sito; le “pietre blu” invece, così chiamate per i riflessi che emettono, potrebbero perfino arrivare dal Galles, a circa 300 km di distanza!

Però davvero, tutta l’area che circonda il sito ha un qualcosa di misterioso.

Infatti Stefano ed io avevamo deciso di avventurarci nel percorso che si snoda per circa 6/7 km intorno ai megaliti, e permette di raggiungere altre zone dove le ricerche archeologiche hanno fatto interessanti scoperte.

In realtà per raggiungerle, avevamo dovuto interrompere il tranquillo pascolo di pecore e mucche, visto che a volte per tagliare il percorso ci eravamo intrufolati attraverso dei campi. Ma alla fine avevamo potuto fare una intrigante passeggiata che ci aveva portato a vedere anche il “gemello” in legno di Stonehenge, Woodhenge e il sito delle Durrington Walls.

Tornati al centro visitatori ero convinto che avremmo trovato senza difficoltà un Uber per il ritorno perché, lo ammetto, avevo letto male sull’app e mi pareva ci fossero diverse macchine disponibili. Invece non c’era assolutamente nessuna macchina nei paraggi e dopo un attimo di panico, durante il quale Stefano era giunto all’idea di farci 11 ore e passa di strada a piedi per tornare a Bath, eravamo riusciti a contattare un taxi e tornare in città.

Dopo una non leggera cena a base di hamburger e patatine al Juno Bar e un giro per scoprire altri interessanti pub della città ci eravamo regalati le ore di sonno necessarie per lasciare poi, la mattina seguente, quel magnifico ostello che sicuramente mai più rivedrò e andare a vedere la metà principale che avevamo segnato a Bath prima di prendere l’ennesimo treno per Londra: le Terme Romane della città.

Arrivati però all’ingresso ci era stato detto che il museo non aveva un deposito bagagli e quindi ne avevamo dovuto cercare uno, ed eravamo finiti a lasciare i nostri zaini a un barbiere italo inglese vicino alla stazione di Bath che però offriva anche quel servizio.

Oramai non ci facevamo più domande sui soggetti che incontravamo quindi, in fondo, a noi bastava che ci tenesse gli zaini giusto per un paio d’ore.

Entrati finalmente nel sito archeologico delle terme, posto nel cuore della città, avevo ricevuto però una inaspettata sorpresa nel constatare che, in realtà, il luogo fosse molto meno curato e conservato di quanto meritasse.

Premettendo che il costo di ingresso, tra l’altro, non è per nulla esiguo (circa 30 euro) la cosa che mi aveva lasciato basito era stata che le vasche delle terme erano estremamente sporche, con perfino mascherine chirurgiche di qualche turista e altri rifiuti che galleggiavano in alcuni punti.

Cosa che, ogni volta che succede in Italia ad esempio, viene giustamente fatta notare come mancanza di attenzione per i nostri beni artistici.

Lì, però, sembrava andare bene.

A parte questo il sito archeologico, più che il museo allestito in alcune zone al suo interno o limitrofe, merita comunque una visita perché è un qualcosa di unico poter ancora ammirare un impianto termale del 75 d.C. vedendo l’acqua scorrere al suo interno, con una struttura che, se pur restaurata e in parte modificata, mantiene con onestà buona parte delle sue forme originali.

Però, un po’ di maggior manutenzione ripeto che la meriterebbe!

Recuperati i nostri zaini dal simpatico barbiere eravamo saliti sul treno che ci avrebbe portato, per l’ultima volta in questo viaggio, a Londra. Dove, comunque, anche se solo per un giorno e mezzo, sapevamo che avremmo visto molto e, soprattutto, incontrato una persona che ci avrebbe fatto fare un tour in alcuni dei pub più famosi della città per completare la nostra vacanza.

Ma di questo ve ne parlerò nella prossima puntata!


Eh sì, anche se avevamo avuto poco tempo per visitarla, avevamo comunque fatto una discreta incetta di musei e monumenti tra i più noti della capitale inglese. Dei quali ci tengo a parlarvene.

E avevamo avuto la fortuna di incontrare un mio amico, Dan, che alcuni di voi magari se lo ricorderanno per avervelo già presentato di sfuggita nella puntata 3 dedicata alla Giordania e che ci aveva accompagnato in un divertente giro finale, alternativo, di Londra.

Vi aspetto tra tre settimane per raccontarvi tutto per bene!

A presto!

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