“Tu non potresti veder nulla maggior di Roma”.
Sapete di chi sono queste parole?
Di Quinto Orazio Flacco, il noto poeta della Roma antica, e mi trovo assolutamente d’accordo con lui.
Trovo incontestabile che Roma sia la città più ricca di arte, storia e cultura, ancora visibile e tangibile al mondo. Nessuna città sa far viaggiare allo stesso modo indietro nel tempo.
Dall’antichità fino al secolo scorso, passando per infiniti stili architettonici e correnti artistiche.
Caotica, “caciarona”, a volte anche troppo.
Comunque, pura poesia.
Come vi ho detto nella puntata precedente, nell’estate appena trascorsa sono riuscito a fare qualche giretto in Italia e, sempre insieme a Valeriya, abbiamo deciso di regalarci sei giorni a Roma per vedere tutto quello che ci mancava dopo alcune nostre precedenti visite… e ritornare anche in luoghi che erano rimasti nei nostri cuori.
Sei giorni comunque non bastano per la Città Eterna, e a qualcosa abbiamo dovuto rinunciare.
Però per curiosità mi ero segnato tutto quello che eravamo riusciti a visitare. E in tutto, tra musei, chiese, siti archeologici e monumenti, ho contato ben 46 luoghi diversi.
Ovviamente, non vi potrò parlare di tutti.
Basandomi sui tre imprescindibili che assolutamente volevamo vedere, o rivedere, vi racconterò anche di alcune sorprese e, in generale, delle nostre vacanze romane.
Quindi, ora “ce famo un giro a Roma bella”.
Partiti presto il lunedì mattina in treno dalla Stazione Centrale di Milano, in tarda mattinata eravamo nella capitale e dopo aver depositato i bagagli nella nostra stanza al Rome Central Rooms, gestito dal gentile Gianni, non lontano da San Giovanni in Laterano che fu la prima chiesa che poi visitammo, per quel primo giorno avevamo intenzione di farci una passeggiata libera per Roma.
Le uniche tre attrazioni che avevamo prenotato prima di arrivare erano state i Musei Vaticani, la visita ai sotterranei recentemente aperti del Colosseo e Galleria Borghese.
Tutto il resto poi lo avremmo deciso sul momento.
Ah no, anche altre due cose avevamo prenotato: due ristoranti dove cenare le prime sere delle nostre vacanze.
Ma andiamo per ordine.
Della giornata del lunedì merita assolutamente una menzione la Tomba di Giulio II, nella Basilica di San Pietro in Vincoli.
Pensata e ripensata più volte, ciò che si può oggi ammirare è solo una versione decisamente più austera e contenuta rispetto al primo progetto di Michelangelo.
Lui stesso definì quest’opera una tragedia: infatti, tormentato da irrequietezze personali e da problematiche esterne legate anche alla morte del Papa, la realizzazione della tomba subì ingenti rallentamenti e modifiche.
Avete presente, ad esempio, le statue dei Prigioni alla Galleria dell’Accademia di Firenze?
Ecco, anche quelli dovevano far parte di questa tomba. Che nel suo progetto originale doveva essere articolata su più registri e risultare davvero immensa.
Ma, anche se ridimensionata, la tomba conserva la statua del Mosè, vera gemma incastonata in questa opera architettonica, grazie alla quale Michelangelo ci lascia l’ennesima straordinaria dimostrazione delle sue capacità, constatabili nella solennità del volto e nella dinamicità della posa della statua.
Camminando lungo il Tevere, ovviamente, un salto per mettere la mano nella Bocca della Verità andava fatto e poi un passaggio davanti a Palazzo Farnese per osservare l’installazione realizzata dal noto artista JR ci sembrava cosa buona e giusta.
Infatti a luglio scorso, all’inizio dei lavori di restauro che fino al 2025 interesseranno il Palazzo, il noto artista francese aveva realizzato un’istallazione temporanea, chiamata “Punto di Fuga” che creava come uno squarcio nel Palazzo, mostrando una riproduzione di ciò che si vedrebbe al suo interno.
Mentre sto registrando la puntata so che l’installazione è ancora visibile, ma non è stata specificata la data in cui verrà rimossa.
Se volete vederla affrettatevi.
Per la cena la prima sera aveva scelto Valeriya, decidendo di andare al Velavevodetto, ristorante noto di Roma nella zona di Testaccio.
Carbonara ottima, ma era stato anche scelto perché non lontano da un posto del cuore della mia compagna, che non conoscevo e che vi consiglio di raggiungere assolutamente, soprattutto nel momento del tramonto:
Il Giardino degli Aranci, il cui vero nome è Parco Savello.
Avevamo cenato presto presto proprio per non perderci il tramonto.
La strada per raggiungere il parco però era in salita, avevamo i minuti contati per arrivare in tempo, ma farlo con una carbonara e del buon vino rosso in corpo aveva reso quella passeggiata una prova atletica decisamente proibitiva.
La vista, però, meritava pienamente quel mio principio di collasso.
Posto sul colle Aventino, qui la sera troverete molte persone sedute sui muretti che delimitano il Belvedere, intente a guardare Roma dall’alto e a scattare fotografie.
È un luogo che, grazie alla sua vista, fa innamorare ancora di più di Roma.
Alla chiusura del parco eravamo tornati in hotel, perché la mattina dopo la sveglia era puntata alle 6 e 30 per raggiungere i Musei Vaticani.
Ora, lo so che ve lo starete chiedendo…
Perché così presto?
Perché avevamo l’ingresso prenotato alle 9 e 30, ma ci eravamo ripromessi di muoverci per Roma in quei giorni solo utilizzando le nostre gambe, per non perdere neanche un angolo della città, e la distanza dei Musei dall’hotel era di circa sei chilometri abbondanti.
Sentite, ognuno ha le sue turbe…
In quei giorni questa era stata la nostra.
Pensate che quello fu il giorno dove il nostro contapassi superò i 40.000 passi giornalieri.
Negli altri giorni eravamo stati più tranquilli… solo circa 30.000 al giorno (anche se il giovedì sera seguente, a cena con Riccardo e Laura, due nostri amici che abitano in città, un po’ di battute sul nostro “spirito da pellegrini” ce le eravamo giustamente meritate).
Ma parliamo dei Musei Vaticani.
Ero davvero emozionato di poter, finalmente, vedere con i miei occhi le collezioni e le opere lì presenti.
Lo so, dovrei citare prima di tutto la Cappella Sistina, sicuramente la più imponente, ardua e complessa opera di Michelangelo… ma sono un archeologo, come dice Valeriya a me piacciono “i sassi”, e quindi sono altre due le opere che sono rimaste principalmente nei miei ricordi.
Il Torso del Belvedere e il gruppo scultoreo del Laocoonte.
Il Torso del Belvedere è potenza allo stato puro e il gruppo del Laocoonte trova la sua peculiarità nell’energia che traspare da ogni elemento che lo compone.
Osservandole si notano dettagli unici: la muscolatura perfetta della schiena del torso, e le braccia possenti del Laooconte, insieme al suo viso struggente.
E, se guardate bene queste sculture e successivamente vi sposate nella Cappella Sistina a contemplare sia la volta sia il Giudizio Universale, vedrete che il buon Michelangelo, che le ammirò dal vivo, doveva averne preso più di qualche spunto per la realizzazione dei corpi e dei dipinti della Cappella.
Dopo aver fatto un giro anche all’interno di San Pietro il resto della giornata lo avevamo trascorso tra arte antica, maestri della pittura e architettura barocca.
Per l’arte antica cito il Galata Suicida, scultura conservata a Palazzo Altemps, dalla malinconia toccante e plasticità dirompente.
Pittura e arte barocca sono ben unite nella chiesa di San Luigi dei Francesi e nella Basilica di Sant’Agostino, che al loro interno custodiscono anche alcune tra le più note opere del tormentato e insuperabile Caravaggio, come le tre tele del ciclo pittorico di San Matteo nella Cappella Contarelli o la Madonna dei Pellegrini.
Sempre per quanto riguarda l’arte barocca, quando sarete in Piazza Navona entrate assolutamente nella chiesa di Sant’Agnese in Agone, alla cui realizzazione partecipò anche Borromini.
C’è una leggenda che riguarda questa chiesa e la prospiciente Fontana dei Quattro Fiumi del Bernini: tra Borromini e Bernini non correva buon sangue e si dice che la statua che rappresenta il Nilo nella fontana si copra il volto per non osservare la facciata della chiesa.
Ovviamente è solo una leggenda… la fontana fu ultimata prima che Borromini partecipasse attivamente alla costruzione della chiesa.
La sera, infine, un’ottima cacio e pepe nella famosa Taverna Trilussa, con giretto in Trastevere, era quasi obbligatoria per concludere la giornata.
Il terzo giorno, con mia estrema gioia, era completamente dedicato all’Archeologia Romana, e non attendevo altro che vedere, finalmente, la Domus Aurea e, soprattutto, camminare nei sotterranei del Colosseo.
Il Colosseo è letteralmente la mia ossessione. È stato uno dei motivi principali per cui ho deciso di studiare archeologia.
Lo avevo già visitato altre volte, ma solo recentemente è stata data la possibilità di poter passeggiare, accompagnati da una guida, anche nei suoi sotterranei.
Vi consiglio di non privarvi di questa emozionante esperienza.
Ammetto che spesso smettevo di ascoltare la guida e restavo indietro rispetto a Valeriya e al resto del gruppo che era con noi.
Appoggiavo la mano muri del monumento probabilmente più iconico e famoso dell’Archeologia Romana mentre ci passavo vicino, come per salutarli e sentire che erano veri; che il Colosseo era lì, e che potevo percepire tutto ciò che aveva da raccontarmi (lo so, può sembrare da pazzi, ma è una cosa che mi viene spontanea ogni volta che visito un monumento o un luogo d’arte che mi trasmette forti sensazioni).
Avevamo poi mangiato una cosa al volo e ci eravamo diretti alla Domus Aurea.
Della antica reggia di Nerone sono ad oggi visitabili le sezioni sul Colle Oppio.
Scendendo per diversi metri sotto il livello dell’ingresso al pubblico si raggiunge la Sala Ottagona, dove ancora per qualche mese sarà possibile vedere anche la mostra interattiva “Raffaello e la Domus Aurea”, pensata per celebrare la riscoperta delle pitture antiche da parte dei grandi maestri dell’arte che aveva portato all’invenzione delle “grottesche”, particolare tipologia di pittura parietale.
Dai pochi spazi visitabili si poteva comunque comprendere quanto dovesse essere maestoso e ambizioso il progetto realizzato per compiacere la volontà del folle imperatore.
E pensandoci, quasi dispiace che buona parte della Domus Aurea andò distrutta per volere dei successori di Nerone, che fecero tornare buona parte di quell’area nuovamente adibita a luoghi pubblici con la creazione, ad esempio, delle Terme di Traiano o del mio amato Colosseo.
Dopo aver fatto un giro sul Palatino e nei Fori Imperiali ci eravamo però resi conto che faceva davvero troppo caldo per restare all’aperto.
Quindi tornammo e in stanza e uscimmo a perderci ancora un po’ per Roma solo quando il sole era tramontato, lasciandoci incantare dalle luci di Roma, arrivando fino al Pantheon.
Il quarto giorno era Valeriya che sapeva dove dirigersi, perché dopo Galleria Borghese, puntava a vedere un luogo del quale aveva sentito parlare e che aveva destato la sua curiosità: il Museo Pietro Canonica.
Prima però un cenno a Galleria Borghese è d’obbligo.
Io non ero mai stato al suo interno e vedere in un solo palazzo, già di per sé una vera opera d’arte, una concentrazione così elevata di dipinti e sculture mi stava facendo venire la cosiddetta Sindrome di Stendhal.
Solo il fatto di trovarmi davanti a più quadri di Caravaggio, come il “David con la testa di Golia” o il “San Girolamo”, mi sarebbe bastato… ma no! Ci si metteva pure Bernini, con il “David” e soprattutto il “Ratto di Proserpina” a farmi venire il torcicollo a furia di restare incantato con la testa verso l’alto.
Inutile dire quanto realismo ci sia nelle sculture dell’artista.
Tutti saprete, nel Ratto, delle dita di Plutone che sembrano affondare nella gamba di Proserpina, rendendo la composizione estremamente naturale.
Come vi dicevo però sempre nel Parco di Villa Borghese c’è una piccola casa-museo che sicuramente saprà stupirvi: quella di Pietro Canonica, appunto.
Per chi non lo conoscesse, come era stato nel mio caso, Pietro Canonica è stato uno scultore, che andò specializzandosi nella realizzazione di monumenti pubblici e privati non solo in Italia ma anche nel resto del mondo.
E non per personalità qualsiasi ma, ad esempio, per capi di stato come Ataturk in Turchia o lo Zar Nicola II.
Nel Museo è possibile principalmente ammirare i modelli in gesso di molte delle sue opere.
Le sue più toccanti sono quelle realizzate per monumenti funebri privati, dove sapeva donare dolcezza e malinconia ai personaggi rappresentati.
Il suo studio, mantenuto intatto nella casa-museo, riesce a far pensare che da un momento all’altro possa apparire lo scultore per terminare una sua opera.
In quella stanza il tempo pareva essersi fermato.
Piacevole, davvero piacevole, scoperta.
Anche negli ultimi due giorni avevamo visto ancora davvero molto.
Ma rischio di dilungarmi troppo.
Nomino solo ancora, perché mi sentirei troppo in colpa a non farlo, la Galleria Spada, dove si trova la celebre “falsa prospettiva” del Borromini, l’Ara Pacis, uno dei monumenti simbolo dell’immagine gloriosa che ha saputo sapientemente costruirsi Augusto, e da ultimo la mia statua antica in bronzo preferita, unica nella posa e nel soggetto scelto: il potente Pugilatore del Museo Nazionale Romano.
Ora mi fermo però, sperando di avervi interessato e incuriosito. Io sinceramente, sarei già pronto per una nuova vacanza romana!
Puntata piena di informazioni e luoghi, lo so. Ma è difficile trattenermi, parlando di Roma!
Per la prossima puntata ci spostiamo in Scozia, a Edimburgo, dove tra antichi castelli, storici monumenti e iconici kilt insieme ai miei amici del BerTour ci è scappato anche un casuale e delirante Erasmus Party.
Vi aspetto tra due settimane!
Ciao a tutti!