Puntata 17 – Mantova, alla corte dei Gonzaga

Era giusto qualche mese fa… luglio, per l’esattezza il 10 che si dà il caso che come ogni anno in quella data capiti anche il mio compleanno.

Insieme alla mia compagna Valeriya avevamo deciso di andare a visitare Mantova. Città che, per entrambi, mancava ancora all’appello tra le tante già viste in giro per l’Italia.

A dire il vero eravamo partiti il venerdì sera alla volta di Parma, giusto per fare un salto la mattina dopo al Complesso della Pilotta e ammirare la Mostra di Fornasetti, Theatrum Mundi, per poi muoverci dalla città emiliana in direzione di Mantova, con l’intenzione di esplorarla per bene il resto del sabato e la domenica.

Sicuramente in futuro dedicherò, a prescindere, una puntata al Complesso della Pilotta e a Parma.

Adesso, però, vi porto alla corte dei Gonzaga.

Intanto, prima di iniziare, devo ringraziare Valeriya, che grazie alla sua costante curiosità mi permette, ogni volta che siamo in viaggio, di scoprire luoghi dei quali ignoravo l’esistenza.

Fu così, infatti, anche a Mantova.

La camera del nostro B&B, il Villa Cittadella (davvero perfetto se non disdegnate fare piacevoli passeggiate, perché vi permette di raggiungere a piedi il centro storico godendo anche di una vista incantevole sui laghi che circondano Mantova) non era ancora pronta quando arrivammo in città; Quindi decidemmo di fare un primo, rapido, tour del centro, in attesa di poter prendere poi possesso della nostra stanza.

 

Avevamo trovato posto al Parcheggio Anconetta, che sì era comodo e gratuito, ma anche senza un filo di ombra, e vi lascio immaginare la temperatura che avevamo poi trovato al ritorno nella mia auto dopo il nostro giro… praticamente avevamo a disposizione una sauna gratuita tutta per noi!

Comunque, ci eravamo incamminati subito verso il Teatro Bibiena, che io non conoscevo ma Valeriya, invece, voleva assolutamente vedere.

Ero andato a cercare qualche foto, quando nei giorni precedenti me lo aveva nominato… ma non mi aspettavo di trovare un gioiellino così ben tenuto e particolare, in una città dove sono ben altre le strutture che catturano solitamente l’attenzione dei turisti.

Per descrivervi il teatro userò le frasi originali dal padre di niente meno che Mozart, il cui figlio Amadeus qua dentro, solo quattordicenne, si esibì il 16 gennaio del 1770, poco più di un mese dopo l’inaugurazione ufficiale della struttura.

Leopold Mozart scrisse alla moglie queste parole: “Vorrei che tu avessi visto il posto dove ha avuto luogo l’accademia, vale a dire il Theatrino della Academia Philharmonica. In vita mia non ho visto nulla di più bello di questo tipo … Non è un teatro bensì una sala con palchi come vengono costruiti i teatri d’opera; dove starebbe la scena, c’è una pedana per gli esecutori e dietro gli esecutori una galleria per gli ascoltatori di nuovo costruita a palchi.”

Ed effettivamente, pur se di piccole dimensioni, primeggia in quanto a eleganza, cura dei dettagli, luci, forme e colori.

La sua struttura è avvolgente e non oso immaginare quanto possa essere magnifico assistere a una rappresentazione teatrale o un concerto dal vivo al suo interno.

Ma, anche solo restando in meravigliato silenzio, mi ero sentito davvero fortunato ad aver avuto la possibilità di contemplarlo.

Avevamo poi raggiunto il centro città, entrando nella Rotonda di San Lorenzo, un’antica chiesa in Piazza delle Erbe che per la sua forma circolare viene facilmente confusa con un battistero. La Rotonda fu edificata intorno al 1000 con la precisa intenzione di rievocare la struttura della chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Ed effettivamente, avendo visto anche il Santo Sepolcro in Terra Santa, ammetto che alcune similitudini le avevo notate.

Merita assolutamente, non perdetevela!

Entrati nella nostra macchina, e praticamente evaporati per la temperatura infernale trovata, avevamo depositato i bagagli al B&B per poi fare appunto la rilassante passeggiata al tramonto sui laghi, con il fine di raggiungere così la nostra meta serale.

Il tramonto era davvero bello, romantico, ci fermavamo a fare spesso foto, ma poi dopo un po’ quasi involontariamente avevo iniziato ad aumentare il passo, praticamente costringendo Valeriya a corricchiare, perché la fame aumentava e io avevo l’acquolina in bocca al pensiero del luogo che stavamo per raggiungere.

Pensavo solo gustosa offerta culinaria che la città stava per offrirci, in quanto avevamo prenotato un tavolo all’Osteria dell’Oca, storica trattoria mantovana di cui avevo sentito parlare molto bene!

Se cercate un posto che vi ricordi le vere trattorie e osterie autentiche di un tempo, dai menù semplici ma con i piatti tipici del posto, questo è il luogo che fa per voi.

Certo, non aspettatevi di uscire da lì leggeri… la cucina mantovana non guarda esattamente alla linea.

Potrei parlarvi dei salumi, della polenta che anche a luglio avrei continuato a mangiare all’infinito, dei tortelli di zucca che erano davvero la fine del mondo… ma quello che alla fine aveva messo piacevolmente KO entrambi era stato il dolce.

La Torta Sbrisolona, che l’osteria serve in piccoli pezzi già comodi da prendere con le mani, era buonissima… e davvero tantissima!

Rotolando, più che camminando, avevamo poi ammirato Mantova di notte.

Amo girare le città la sera, hanno un fascino maggiore a parer mio e pur se saturi di ottime pietanze eravamo felici e impazienti di vedere il giorno dopo le bellezze mantovane.

E proprio con la più famosa delle sue meraviglie avevamo deciso di iniziare la domenica.

Ovviamente avrete capito di cosa sto parlando:

Palazzo Te.

Per tanti anni avevo atteso di vederlo con i miei occhi e alla fine riuscì a superare le mie più rosee aspettative.

Questa complessa opera architettonica progettata da Giulio Romano, artista di assoluto livello, a volte ingiustamente poco considerato, che si formò nella bottega di Raffaello, prende il nome dall’isola di Teieto (abbreviata poi in Te) dove si decise di edificarla su volere di Federico II Gonzaga.

Giulio Romano lavorò alla realizzazione del Palazzo per circa 10 anni a partire dal 1524, aiutato da suoi collaboratori fidati, creando sia l’impianto architettonico sia i dipinti e gli affreschi che accompagnano il pubblico durante l’intera visita.

Non c’è un ambiente che non sia curato in ogni minimo dettaglio.

Già dalle prime sale che si possono ammirare è arduo non restare perennemente a testa in su a contemplare la cura con cui sono stati rappresentati i soggetti dipinti nelle sale.

Potrei descrivere ogni sala. Sono tutte dei capolavori.

Non ce ne è una che non meriterebbe di essere menzionata, di questo palazzo a pianta quadrata che insieme al suo immenso cortile centrale prende decisamente ispirazione dalle antiche domus romane.

La Sala dei Cavalli e quella di Amore e Psiche, ad esempio, sono di una complessità e di una potenza visiva che raramente ho apprezzato all’interno di palazzi storici.

Ti senti proprio immerso all’interno di queste opere, incuriosito alla ricerca di ogni più piccolo particolare presente nelle sale.

Ma è quando si mette piede nella Sala dei Giganti che davvero ogni parola diventa superflua, e si può solo constatare quanto grande fosse l’abilità tecnica di Giulio Romano.

Un talento assoluto dell’arte.

Come se davvero cercassero di scalare il cielo, i Giganti sono rappresentati mentre lottano contro Zeus che li colpisce con i suoi fulmini, invadendo i muri della stanza, e circondando lo spettatore, facendolo così sentire parte integrante della narrazione.

I colori, forti e vibranti, donavano un dinamismo alla scena difficile da immaginare: solo ammirando questa stanza dal vero potrete comprendere le mie parole.

Eravamo rimasti per molto tempo nella sala… era quasi impossibile lasciarla.

Altro angolo del palazzo degno di menzione è la Loggia d’Onore, dove eravamo stati catturati dai raggi del sole che colpendo l’acqua delle peschiere del giardino si riflettevano sulle sue pareti; la Loggia, tecnicamente, era l’ingresso ufficiale pensato ai tempi per il palazzo.

Il soffitto a volta, suddiviso in riquadri con rappresentate scene bibliche della storia di Davide, permetteva di restarne riparati all’ombra al di sotto e contemplare il giardino.

Sicuramente per i Gonzaga Palazzo Te deve essere stato un luogo dove trovare facilmente pace e serenità.

Usciti dal palazzo, con ancora gli occhi che brillavano per lo stupore, ci eravamo poi diretti verso l’altro, famosissimo, palazzo della città: il Palazzo Ducale.

Nel tragitto, però, ci trovammo davanti al solenne Tempio di San Sebastiano, chiesa progettata da Leon Battista Alberti, particolare nella struttura in quanto ad inizio ‘900 divenne anche un sacrario per i caduti.

Vi consiglio di andare a vederla anche solo per la cripta, perché è caratterizzata da un fitto reticolo di pilastri e arcate che la rendono quasi un piccolo labirinto.

Eravamo in anticipo rispetto all’orario in cui avevo prenotato l’ingresso a Palazzo Ducale quindi, dopo un fresco e cremoso gelato alla Gelateria Rosa in Piazza delle Erbe, ci eravamo riparati una mezz’oretta all’ombra nel giardino di Piazza Pallone a pochi passi dal Palazzo, accompagnati dal constante canto dei grilli che in quel momento sembravano particolarmente ispirati.

Giunta l’ora, entrammo ad osservare quest’altra imponente struttura. In realtà avevamo provato ad entrare con dieci minuti d’anticipo, visto che non c’era folla o coda, ma la custode all’ingresso si era posta esattamente come Gandalf del Signore degli Anelli nell’iconica scena del film dove pronuncia la frase “Tu Non Puoi Passare”, facendoci capire di non riprovarci più.

Il Palazzo Ducale è stato la residenza principale dei Gonzaga ed è noto per la Camera degli Sposi, stanza con opere che rientrano nel novero delle meraviglie del Rinascimento. Opere realizzate da Andrea Mantegna.

In origine il nome dato alla Camera era stato Camera Picta, appunto per indicare la presenza di dipinti al suo interno… e che dipinti!

Sulle pareti e sul soffitto sono rappresentate strutture architettoniche che fanno da cornice ai personaggi. Il tutto termina poi con il celebre oculo sul soffitto (che dimostra l’abilità nell’uso della prospettiva del Mantegna) dal quale si affacciano personaggi che scrutano in basso, come a controllare quel che succede sotto di loro.

Sulle pareti sono state invece dipinte le scene della corte sorpresa nel momento in cui un messaggero consegna una lettera a Ludovico e di un suo viaggio di Ludovico stesso verso Milano.

Alla notevole galleria di ritratti si aggiungono i numerosi riferimenti ai miti greci, oltre  a raffigurazioni di imperatori.

Uno potrebbe già fermarsi qui, ma il Palazzo invece è davvero immenso (calcolate che è la sesta reggia più estesa d’Europa), con molte altre stanze o sezioni che rivelano sorprese.

Solo per citarvene alcune: la Stanza degli Arazzi (con arazzi intessuti nelle Fiandre basandosi sui cartoni preparatori di Raffaello), lo Studiolo d’Isabella d’Este con i suoi intarsi in legno o la Sala di Manto nella Corte Nuova realizzata nel 1536 da Giulio Romano.

Però davvero, se dovessi parlarvene in dettaglio dovrei fare una puntata solo su questa immensa reggia.

Quindi, direi che è meglio lasciarvi un po’ di curiosità… e spronarvi a non indugiare e andare il prima possibile a Mantova!


Anche per la prossima puntata restiamo in Italia, a Roma, che Valeriya e io abbiamo davvero girato totalmente a piedi in lungo e in largo.

Ovviamente non potrò parlarvi di tutto ciò che abbiamo visto perché era davvero troppo.

Ma, focalizzandomi su pochi luoghi in particolare, e parlandovi anche di alcune vere e proprie chicche, vi racconterò delle nostre vacanze romane.

Ci sentiamo tra due settimane!

A presto!

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