Pensando all’Italia, se qualcuno ci chiedesse dove è ancora possibile letteralmente camminare sui resti di antiche vie romane e toccare mura di palazzi capaci di resistere alle intemperie del tempo dopo oltre duemila anni, la maggior parte di noi, forse tutti, avremmo una sola risposta: Pompei.
Se avete ascoltato alcune mie precedenti puntate, per l’esattezza quelle dedicate a Paestum e a Villa Adriana, vi ricorderete che questi due luoghi avevano fatto parte di un itinerario ben più articolato che comprendeva come meta principale proprio il Parco Archeologico di Pompei.
Dunque… ora vi starete chiedendo se mi sia confuso, intitolando questa puntata a Ostia Antica.
Nessuna confusione! Ve lo assicuro.
Perché proprio l’antica colonia a poca distanza da Roma era stato il primo sito che avevo visitato durante quel Tour Archeologico personale che qualche estate fa mi aveva portato nel Centro-Sud Italia.
Però, immagino, un’altra domanda vi sorgerà spontanea:
Perché allora, dopo ormai più di 20 puntate, ancora non parlo di Pompei?
Perché, cari amici di Taste of Art, desidero prima dare spazio a luoghi di quel viaggio meno noti della super famosa e rinomata città campana.
Luoghi che vengono presi in minor considerazione, ma che sono straordinari.
Come appunto il Parco Archeologico di Ostia Antica, che non è assolutamente da mettere in secondo piano rispetto ad altri siti italiani e stranieri.
Per Pompei ci sarà tempo, non preoccupatevi.
Ma ora vi parlo della storica colonia a due passi da Roma.
Il Parco Archeologico di Ostia Antica offre la splendida sensazione di attraversare, anzi, di trovarsi proprio dentro la storia romana.
Perché, anche se le sue strutture non si sono conservate sotto strati di cenere, comunque molto è ancora visibile di questa antica colonia romana, il cui nome fa intuire il motivo per cui era stata fondata.
“Ostium”, infatti, in latino si traduce anche con il termine “foce” e Ostia fu fondata per essere un punto strategico di collegamento tra il Tevere e il Mar Tirreno.
In origine si trovava proprio sulla costa, ora dista circa 3 km dal mare.
L’attuale area archeologica, con la sua dimensione di 150 ettari (e di questi solo la metà circa sono stati ad oggi scavati), è tra i siti archeologici più vasti al mondo.
Ero giunto lì in una tarda mattinata di agosto, all’inizio del viaggio che mi portò a visitare nei giorni successivi, come già appunto sapete, Paestum, l’Anfiteatro di Capua, Pompei e Villa Adriana a Tivoli.
“Ostia Antica” è anche il nome dell’attuale frazione di Roma limitrofa all’Area Archeologica, ed è proprio in una delle sue strade all’ombra di un palazzo fatiscente che avevo trovato parcheggio, non avendo capito che all’ingresso del parco stesso c’era un posteggio realizzato per i visitatori.
Ma tanto il clima era così fresco che una passeggiata poteva risultare quasi rilassante.
Sono ironico, ovviamente.
Il caldo sembrava rallentare i movimenti degli abitanti della zona, così come i miei, e avevo iniziato a chiedermi se davvero valesse la pena andare a vedere l’Area, soprattutto sapendo quello che avrei poi visto nei giorni successivi.
Appena messo piede al suo interno invece mi ero reso conto che non avevo sbagliato a fermarmi e che il Parco stava per ripagare la fatica e l’arsura dovute al sole cocente.
Potrebbe sembrare esagerato, ma vi assicuro che quella stessa estate poco prima ero stato nella calda Giordania (anche in questo caso, chi ha già sentito le precedenti puntate sa di cosa sto parlando), avevo camminato sotto il sole di Petra, ma non avevo comunque provato lo stesso dirompente desiderio di una immediata doccia gelata.
Le zone d’ombra inoltre nel parco scarseggiano. Tenetelo nel caso a mente, per quando vorrete visitarlo.
Intrapreso il lungo Viale degli Scavi, la prima cosa ad affascinarmi era stata senza dubbio la sensazione di vastità che percepivo intorno a me: l’Area Archeologica era enorme, inserita in un mix di alberi e resti antichi che regalava un forte senso di tranquillità.
Non c’era molta gente, visto il clima, ma questo mi permetteva di soffermarmi a prendere tutto il tempo desiderato per osservare ogni piccolo dettaglio ancora presente nel parco.
Le Terme di Nettuno, con il loro ben conservati mosaici pavimentali, erano state la prima struttura degna di nota presentatami davanti agli occhi.
Queste terme erano state realizzate diversi secoli dopo la fondazione della colonia, avvenuta nel IV secolo a.C., volute da Adriano e Antonino Pio.
Ovviamente il mosaico più impressionante, che dà il nome al complesso, è quello con raffigurato il dio del mare su un carro trainato da cavalli marini e circondato da nereidi, tritoni e altri esseri del mondo acquatico.
È possibile ammirarlo perfettamente nella sua interezza grazie alla posizione sopraelevata di alcuni resti su cui è possibile accedere.
Da quel momento in poi mi ero ritrovato in quello che ogni archeologo può tranquillamente definire il “paese dei balocchi”: in successione avevo visto il Teatro, ancora oggi utilizzato per eventi e rappresentazioni all’aperto (infatti vi era allestito uno schermo, presumibilmente per la proiezione di film all’aperto), i resti del Tempio di Cerere, dei Grandi Horrea (cioè i magazzini) e del Capitolium, il tempio eretto dell’imperatore Adriano.
Il Capitolium si erge ancora oggi maestoso rispetto alle altre rovine, quasi a ricordare a chi visita la città che esso era il fulcro e il monumento più importante di Ostia.
Anche se molto rovinato, riesce comunque a catturare l’attenzione del visitatore.
O almeno, con me ci era riuscito!
Diverse erano le domus o altre strutture pubbliche con ancora resti pavimentali finemente decorati o con mosaici, come ad esempio quella di “Amore e Psiche”, ma sono rimasto particolarmente affascinato dal Thermopolium di Via di Diana, luogo di ristoro tipico delle antiche città romane.
Guardare gli originali affreschi con disegnati gli alimenti che solitamente venivano lì serviti e vedere il bancone rivestito in marmo con i fori dove inserire i dolii, le grandi anfore in terracotta per le vivande e i liquidi e le altre strutture ancora presenti su cui si appoggiavano le persone per consumare il loro pasto, mi aveva fatto per un attimo vivere quei momenti.
Fisicamente ero da solo all’interno di quelle mura, ma non mi sentivo così. Anzi.
Riuscivo quasi a vedere le persone che avevano trascorso il loro tempo in quel posto.
Le percepivo.
Chissà se, come oggi facciamo noi al bar, stavano seduti a chiacchierare del più o del meno o se cercavano di sbrigarsi a mangiare per poi fare altro.
Se apprezzavano i piatti che venivano serviti.
Se cercavano di trovare un po’ di riposo dopo le fatiche del lavoro.
Questa era stata una delle sensazioni più forti che avevo provato all’interno di un sito archeologico; e la porterò sempre con me.
Terminata la visita mi ero reso conto che davvero “l’appetito vien mangiando”, perché un luogo così aveva risvegliato tutti i miei sensi e invogliato con ancora più a riprendere la macchina e proseguire il mio viaggio che era appena iniziato, alla scoperta di alcuni dei più famosi siti archeologici italiani.
Però, appunto, se sarete in zona, non fatevi assolutamente sfuggire il Parco Archeologico di Ostia Antica!
Dopo la pausa Natalizia mi sembrava cosa buona e giusta ripartire descrivendovi uno dei siti archeologici italiani a cui sono più affezionato.
Però nei mesi scorsi, tra green pass, tamponi, misurazioni della temperatura e tutto ciò che ancora condiziona i nostri spostamenti per via del Covid, sono riuscito comunque a fare un paio di viaggi fuori dal bel Paese.
Viaggi che saranno al centro delle prossime due puntate.
Inizio con la prossima, tra due settimane, dove vi racconterò della mia visita in Polonia a Cracovia e alle sue vicine Miniere di Sale, oltre che ad Auschwitz, dove ho potuto completare il mio personale percorso di avvicinamento ad una maggiore comprensione, per quanto possa essere possibile, della Shoah iniziato al Museo dello Yad Vashem di Gerusalemme.
Vi aspetto l’11 febbraio.
Ciao a tutti.